lunedì 31 maggio 2021

Benedetta Cavuoto - Battiato: il maestro rivoluzionario

 

Francesco Battiato (noto a tutti come Franco) è nato in Sicilia il 23 marzo del 1945, ed è stato uno dei musicisti più importanti del secondo Novecento in Italia. 

Battiato è stato uno degli artisti più articolati e multiformi della storia della nostra musica, coraggioso, innovatore. È stato poeta, scrittore, pittore e anche regista.

Grazia, sua madre, morì nel 1994, causandogli un trauma. Aveva un legame molto stretto con lei e la sua assenza riecheggia in molte canzoni. Non si è mai sposato e non ha mai avuto figli; gli unici parenti che possedeva erano il fratello e la nipote. 

È morto nella sua casa a Milo, dove si era ritirato dalla sua carriera, a 76 anni, il 18 maggio 2021. 

Era un uomo con un carattere molto riservato e chiuso. In molte delle sue interviste ha affermato di non aver mai avuto un buon rapporto con le donne, come quando disse che solo a volte venivano a stare da lui alcune sue amiche, ma che dormivano entrambi in camere separate. 

È stato un musicista e cantautore molto versatile, è passato dal pop al rock e poi ha sperimentato anche nella musica classica, dopo gli inizi nell’ambito della musica elettronica. 

Le canzoni di Battiato rappresentano una rivoluzione nel mondo della musica, andando oltre i principi della canzone italiana e conquistandosi, con canzoni come La Cura e Centro di gravità permanente, fama anche presso il pubblico giovanile di oggi. 

Il Maestro ha dedicato molto attenzione, in tutta la sua opera, al tema della morte da cui non era spaventato. Spesso ha ripetuto che nel corso della vita si era educato ad affrontare il passaggio ad un’altra dimensione dell’esistenza. 

Battiato è l’archetipo di un cantautorato coltissimo e nel contempo lanciato sempre verso nuove sfide, seppure alla ricerca di «un centro di gravità permanente», come dice la canzone del suo album più celebre, La voce del padrone (1981). Nella dimensione caotica della vita contemporanea è necessario trovare un luogo di quiete, «un oceano di silenzio». 

Dalla sua opera emerge un costante invito rivolto a ciascuno di noi, nei momenti di smarrimento, a fermarsi, cercando l’asse stabile intorno cui far ruotare l’esistenza irta di ostacoli:


Cosa avrei visto del mondo

senza questa luce che illumina

i miei pensieri neri?


Benedetta Cavuoto


sabato 29 maggio 2021

Francesca Pucillo - Asterisco: uguaglianza o retrocessione

 


Nell’ultimo periodo, i social sono stati investiti da questo nuovo fenomeno mediatico: l’utilizzo degli asterischi alla fine delle parole che esprimono un genere (come bello o bella, quelli o quelle), con l’obiettivo di non farne prevalere uno solo, nel caso della nostra lingua, quello maschile, ma conferendo ad entrambi un’uguaglianza di cui si sta parlando molto negli ultimi anni. 

Data la volontà del progetto di dare una maggiore visibilità linguistica al sesso femminile e alle persone non binarie, anche dette intersessuali (ovvero che non si riconoscono né nell’uno né nell’altro genere), sfruttando un genere neutro, sono nate molte polemiche al riguardo, che spesso hanno visto come protagonisti grandi oppositori, che hanno ritenuto la cosa retrograda e del tutto inopportuna, e molti linguisti, i quali hanno affermato più volte la sua origine tecnologica, data anche la sua definizione “suffisso jolly”, che si va ad aggiungere a quello they/them, già in voga nelle descrizioni dei profili social (principalmente Instagram) delle celebrità. Sono proprie queste, come il cantante Sam Smith, che si battono giorno dopo giorno per una cosiddetta “approvazione sociale” di questa che per tutti noi è una vera e propria novità, nata con l’obiettivo di eliminare ogni tipo di discriminazione di genere, ma che potrebbe apportare enormi cambiamenti alla nostra lingua e alla sua storia, basata, fin dai tempi del pater familias romano, su un sistema prettamente patriarcale.

Francesca Pucillo


venerdì 28 maggio 2021

Emanuele Giangregorio - Europei di Nuoto, Budapest 2021

 


Pochi giorni fa si sono spente le luci della Duna Arena, a Budapest, dove dal 10 al 23 maggio si è svolta la XXXV edizione dei Campionati Europei di nuoto, nuoto sincronizzato e tuffi, programmata per il 2020 ma posticipata a causa del Covid-19. Incluse tra le discipline anche il nuoto di fondo, le cui gare si sono tenute al Lago Lupa.

Un europeo, questo di Budapest, da incorniciare per l’Italia, che chiude al terzo posto nel medagliere, con 44 medaglie vinte di cui 10 d’oro, 14 d’argento e 20 di bronzo, battendo così le 39 medaglie conquistate a Glasgow nel 2018. Per numero assoluto di podi ,inoltre,  l’Italia ha chiuso al primo posto davanti alla Russia e alla Gran Bretagna.

Tra i “big” del team italiano risaltano un Gregorio Paltrinieri, oro nella  5 e 10 km, nuoto di fondo, e sul gradino più alto del podio anche nel Team Event insieme a Rachele Bruni, Giulia Gabbrielleschi e Domenico Acerza. Paltrinieri d’argento poi nei 1500 stile libero, accompagnato da un sorprendente Domenico Acerza di bronzo.

Da ricordare inoltre Alessandro Miressi, gigante d’argento nei 100 stile libero, accompagnato da una staffetta 4x200 stile libero maschile tutta di bronzo. Terzo posto anche per Alberto Razzetti nei 200 misti, anche argento nei 400 , che conquista le sue prime medaglie internazionali.

Passando poi all’entourage femminile, una splendida Simona Quadarella che continua la sua indiscussa ascesa conquistando il gradino più alto del podio nei 400, 800 e 1500 stile libero. Regina del dorso europeo, Margherita Panziera va a prendersi l’oro nei 200, e successivamente bronzo e record italiano nella staffetta con Elena Di Liddo, Arianna Castiglioni e Federica Pellegrini. Quest’ultima d’argento nei 200 stile libero e bronzo nella 4x200 stile libero con Simona Quadarella, Sara Gailli e la pseudo-sannita Stefania Pirozzi.

Una rana infine tutta tricolore, con Arianna Castiglioni e Martina Carraro, rispettivamente argento e bronzo nei 100m, ed una spettacolare Benedetta Pilato, appena sedicenne, che scala il podio e vince l’oro nei 50m, polverizzando anche il precedente record del mondo dell’americana Lilly King. Bronzo anche per Nicolò Martinenghi nei 50m.

Passando alle altre discipline, nei tuffi l’Italia vince una medaglia d’oro e una di bronzo, rispettivamente conquistate da Elena Bertocchi e  la giovanissima Chiara Pellacani nel trampolino da un metro. Le due insieme conquistano il secondo posto per soli nove centesimi dietro le tedesche nel sincro da 3m.

La Pellacani poi, d’oro  insieme all’altrettanto giovane Matteo Santoro nel sincro mixed e anche  d’argento nel trampolino da tre metri. Terzo posto per Giovanni Tocci nel trampolino da un metro. D’argento anche il Team Event con Pellacani, Sargent Larsen, Sarah Jodoin Di Maria e Riccardo Giovannini.

Marchio tricolore anche nel nuoto sincronizzato, medaglia d’argento nel team event e  terzo posto per Nicolò Origliari e Isotta Sportelli nel tecnico mixed.

Insomma un europeo tutto tinto di azzurro, che regala grandi soddisfazioni ai nostri ragazzi che potranno godersi un brevissimo periodo di pausa per poi tornare a preparasi per le imminenti Olimpiadi di Tokyo.

Emanuele Giangregorio


mercoledì 26 maggio 2021

Francesca Crafa - Pride month


Come ogni anno nel mese di Giugno le strade di tutte le città si riempiono di bandiere arcobaleno, carri e parate per il “Gay Pride”, meglio conosciuto internazionalmente come “Pride Month”. Si tratta per l’appunto di manifestazioni in cui la comunità LGBTQIA+ è libera di esprimere il proprio “orgoglio” e di manifestare come più desidera. I protagonisti non sono solo le sfilate dei membri di questa comunità, ma anche concerti, letture, collezioni moda dedicate all’orgoglio gay, per far compiere passi avanti nella difesa dei diritti delle persone omosessuali.

Quest’anno, come l’anno precedente, il Pride sarà differente (causa Covid), ma la comunità LGBTQIA+ ha già pensato a numerosi eventi e manifestazioni online per rendere questo mese di Giugno il più arcobaleno possibile.

Francesca Crafa


Rosa Musco - EUROVISION: TRIONFO DEI MANESKIN

 


La band dei Måneskin, già vincitrice del Festival di Sanremo di quest’anno, ha dato il meglio di sé su uno dei palchi più importanti del mondo. Damiano, Victoria, Ethan e Thomas hanno conquistato l’Europa con il loro pezzo Zitti e buoni; durante loro percorso, iniziato cantando per pochi spiccioli tra i vicoli della città eterna, Roma, li abbiamo visti partecipare ad altri programmi televisivi e il loro nome è diventato in pochi anni uno dei più importanti nella musica italiana. Per la prima volta dopo quasi 30 anni, l’Italia ha conquistato il primo posto del Song Contest con la bellezza di 524 punti totali. Rimarrà nella storia l’esclamazione del frontman, Damiano, durante la consegna del premio: “Il rock non muore mai!” esprimendo in poche parole le emozioni non solo della band, ma anche dell’intera troupe con cui lavora. Nonostante l’ultimo periodo non abbia concesso grandi spazi a musicisti, artisti ecc. la vittoria del contest sembra portare un barlume di speranza in più nelle nostre vite: per ora rimaniamo a gioire di questo grande trionfo sperando in un ritorno alla normalità non troppo lontano.  

Rosa Musco

martedì 25 maggio 2021

Maria Pia Calderazzo - FRIENDS: THE REUNION

 
Siamo in molti a conoscere Friends: la sitcom più seguita di tutti i tempi, nonché quella che ha riscontrato maggior successo, a partire dalla sua prima messa in onda nel 1994. Le buffe vicende dei sei amici newyorkesi sono riuscite a coinvolgere a tal punto da entrare nel cuore di tutti, facendo in molti accrescere il desiderio di un ritorno. Dopo la conclusione della serie nel 2004, dopo ben dieci stagioni, sono in molti a chiedersi se mai ci potrà essere un nuovo episodio, o comunque un modo per non distaccarsi completamente dai personaggi e dalle loro storie. Ad oggi finalmente abbiamo la notizia di una reunion: un incontro tra i membri del cast per ricordare quei felici anni sul set. Non sarà un vero e proprio episodio, bensì uno show di circa due ore, diviso in tre parti. Gli attori, infatti, si incontreranno sul set, per poi leggere vecchi copioni delle scene più iconiche e rispondere a quiz riguardanti la serie. Tutti i fan sono molto eccitati da tutto ciò, che andrà in onda dal 27 maggio anche in Italia, dunque ora non ci resta che aspettare!

Maria Pia Calderazzo



Sofia Giangregorio - EUROVISION: open up to each other

 


Nel secondo dopo guerra, mentre i paesi europei erano impegnati nella ricostruzione delle proprio città, si era in cerca di un espediente efficace per lasciarsi alle spalle il crudo e doloroso trascorso della guerra; a tal proposito, il caso volle che, proprio in quel tempo, la televisione stava muovendo i primi passi. Nell’esigenza di coinvolgere tutte le nazioni in un nuovo unico progetto, il 19 ottobre 1955, il direttore generale dell’UER (Unione Europea di Radiodiffusione) del tempo, Marcel Bezeçon, sotto consiglio del drammaturgo e giornalista italiano Sergio Pugliese, diede vita alll’Eurovision Song Contest (ESC): un festival musicale internazionale che si colloca al secondo posto, dopo le competizioni sportive, per longevità e seguito mondiale; a tale proposito, alla competizione è coinvolta anche l’Australia, a causa dell’altissimo numero di ascolti, ma con una sottile differenza: se questa dovesse vincere, l’evento successivo verrà ospitato ugualmente in Europa.

La competizione si svolge tra artisti in rappresentanza di ciascun Paese (per l’Italia, partecipa il/i vincitore/i del Festival di Sanremo) e, dal 2008, prevede due semifinali; alle finali, accedono direttamente le prime 10 classificate di ciascuna serata, la nazione ospitante e le Big 5 (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna, le nazioni che più sostengono economicamente l’UER); la giuria di ogni nazione (composta da 5 persone obbligatoriamente coinvolte a qualche titolo con il mondo della musica) può assegnare un punteggio da 0 a 12, che va poi a sommarsi al televoto degli spettatori (di ugual valore) ma è vietato votare per la propria nazione; il paese ad accaparrarsi la vittoria ospiterà la manifestazione l’anno successivo. La prima edizione del festival si tenne nel maggio del 1956 presso il teatro Kursaal di Lugano, in Svizzera, con la partecipazione di soli 7 paesi (Italia, Paesi Bassi, Svizzera, Belgio, Germania Ovest, Francia e Lussemburgo) per la mancata iscrizione di altri, e si coronò con la vittoria dei padroni di casa con Refrain di Lys Assia. Nel corso dei decenni, numerosissime regole sono state aggiunte al regolamento nei riguardi di cantanti, canzoni, televoto ed emittenti, tra cui la durata massima di 3 minuti per brano e l’obbligo di aver raggiunto l’età adulta per partecipare alle votazioni. La competizione, ad oggi, si svolge da oltre 60 anni annualmente (ad eccezione del 2020, anno in cui la manifestazione fu impossibilitata a causa dell’emergenza covid-19): quest’anno, l’Eurovision si è svolto a Rotterdam, nei Paesi Bassi, e, a distanza di 31 anni con Toto Cutugno, l’Italia si è aggiudicata la vittoria con i Måneskin, gruppo rock formatosi a Roma nel 2016 e composto da quattro giovanissimi ragazzi (Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio) che, nel giro di 3 anni, hanno raggiunto la notorietà grazie al loro debutto nell’undicesima edizione di X Factor nel 2017 e alla vittoria del Festival di Sanremo nel febbraio di quest’anno con il brano Zitti e Buoni, acclamato da tutta Europa per la sua freschezza e la sua grinta, senza tralasciare il potente anticonformismo espresso in un testo che va contro le tendenze del momento e lascia spazio ad un autentico desiderio di ribellione. Zitti e Buoni ha superato le proposte di Francia e Svizzera con 524 punti in classifica, e si è distinta per la sua diversità rispetto ai brani portati in precedenza dall’Italia, lasciando tutti piacevolmente colpiti. Il pezzo, tuttavia, a causa di una regola istituita nel 2012, è stato soggetto a censura, in quanto presenti parole volgari, ma è stato pubblicato nella sua versione integrale sul canale ufficiale del festival. Per dei ragazzi talentuosi che hanno iniziato il loro percorso per le strade romane, un successo del genere è una soddisfazione stupefacente che loro stessi hanno accolto con singolare umiltà, ed il nostro Paese ha certamente beneficiato di una tale visibilità mediatica mondiale. Per un’Italia conservatrice e vecchio stile, invece, questo traguardo è simbolo di novità e progresso, e, i vincitori, tutti tacchi e unghie smaltate, si fanno paladini della libertà di espressione con un’esibizione senza paragoni; sarà forse arrivato il momento di aprire gli occhi e lasciarsi travolgere da quest’ondata di innovazione? Ancora una volta, si può affermare con certezza: l’Italia è dei giovani!

Sofia Giangregorio


lunedì 24 maggio 2021

Alessia De Nigris - Eurovision

 


L’Eurovision song contest è un festival musicale internazionale trasmesso ogni anno in tutto il mondo dal 1956 senza interruzioni, fatta eccezione per il 2020. L’Italia ha vinto il festival per due edizioni: quella del 1964 (Gigliola Cinquetti con la canzone Non ho l’età [per amarti]) e quella del 1990 (Toto Cutugno con la canzone Insieme:1992). È inoltre entrata sette volte nella top 10 di cui tre podi (2011; 2015; 2019). 

Nell’edizione di quest’anno, saranno i Måneskin, vincitori di Sanremo, con la canzone Zitti e buoni. Il gruppo ha già riscontrato un gran successo nella prima semifinale a Rotterdam, vincendo quindi con non molte difficoltà la finale del 22 maggio, segnando così la terza vittoria dell’Italia dopo 31 anni di sconfitte.

Alessia De Nigris


venerdì 21 maggio 2021

Martina Pedicini - Superlega europea: ecco cos'è

 

Negli ultimi giorni stiamo sentendo tutti parlare della Superlega, ma vediamo cos'è davvero e a cosa serve. 

"Aiuteremo il calcio ad ogni livello e lo porteremo ad occupare il posto che a ragione gli spetta nel mondo. Il calcio è l'unico sport davvero globale con più di quattro miliardi di appassionati e la responsabilità di noi grandi club è di rispondere ai loro desideri."

A parlare è Florentino Pèrez, presidente del Real Madrid CF e primo presidente della Superlega. Si tratta dunque di un progetto al quale hanno lavorato alcuni dei più influenti presidenti del calcio continentale, una competizione per club a numero chiuso, alternativa alla Champions League, che riunisca le migliori squadre europee in una sorta di campionato di super élite. L'annuncio ufficiale è arrivato intorno alla mezzanotte tra domenica 18 e lunedì 19 aprile.

La competizione sarà composta da 20 squadre di cui solo 5 determinate stagione per stagione, mentre 15 sono i team sempre presenti nella Superlega in quanto fondatori, tra i club più ricchi e con un maggior numero di tifosi. Per ora le squadre a partecipare ufficialmente sono 12: per  l'Italia hanno aderito Juventus, Milan e Inter, troviamo poi Tottenham, Arsenal, Chelsea, Manchester United, Manchester City e Liverpool per il Regno Unito, Barcellona, Real Madrid ed Atletico Madrid per la Spagna. Non hanno ancora accettato PSG, Bayern Monaco e Borussia Dortmund.

La data di inizio è ancora incerta, ma si pensa di far iniziare la prima edizione già ad agosto 2021. 

I 20 club saranno divisi in due gironi da 10 squadre, che si affronteranno sia in casa che in trasferta. Le prime quattro classificate di ciascun girone disputeranno la fase ad eliminazione diretta, a cominciare dai quarti di finale, con partite di andata e ritorno. La finale si disputerà a gara secca alla fine di maggio in uno stadio neutrale. 

Si tratta di un vero e proprio terremoto che sta travolgendo, non solo il mondo del calcio, ma anche quello dell'economia e della politica. Infatti, al di là delle considerazioni di etica sportiva che contrappongono l'eterna dualità tra sport professionistico e sport dilettantistico, con il primo che "uccide" i valori propri della sana competizione sportiva, vediamo che dietro questo progetto, si nasconde una vera e propria operazione finanziaria in cui gli interessi di grandi istituti bancari americani si rivolgono al fiorente mercato calcistico europeo. 

Da un lato dunque vediamo gli interessi dei grandi club europei a svincolare le proprie possibilità di maggiori guadagni dai meccanismi e dalle intermediazioni dell'organismo che da sempre ricopre il ruolo di massimo potere nell'Europa calcistica: l'UEFA. Dall'altro, si capisce come la stessa UEFA sia fermamente intenzionata a conservare le proprie prerogative, anteponendo alle logiche economiche, un'unitarietà di visioni e di regole del sistema calcistico. Per combattere contro questa sorta di ribellione, i dirigenti UEFA hanno minacciato i club separatisti di trascinarli in cause legali miliardarie e di escluderle da campionati e coppe europee. Inoltre molti governanti influenti, come Macron e Johnson, si stanno dichiarando contrari a questo progetto.

E' difficile prevedere gli sviluppi di questa vicenda ed è anche complicato attribuire torti e ragioni. Quello che è certo è che ormai il vaso di Pandora è stato aperto e di questa vicenda si parlerà per molto tempo. 

Martina Pedicini




domenica 2 maggio 2021

Rosa Musco - Un lutto "reale"


Recentemente, la famiglia reale ha annunciato la perdita dello stimatissimo Principe Filippo di Edimburgo: ormai vicino al compimento del suo centenario, il principe ha purtroppo chiuso i suoi occhi per sempre. La regina, con la quale ha condiviso per 73 anni le sue esperienze di vita, non abdicherà dal suo ruolo e vivrà il lutto per 30 giorni dalla morte del coniuge.

Il lutto all’interno della famiglia reale viene moralmente vissuto come chiunque, ma pubblicamente, ci sono, ovviamente, delle differenze dal popolo. La regina indosserà abiti da colori cupi e prevalentemente neri durante ogni apparizione pubblica: probabilmente, la regina non manterrà questo look “total black” fino alla fine dei suoi giorni come in passato fece la regina Vittoria alla morte del principe Alberto, ma il suo armadio si spegnerà comunque a lungo e drasticamente. 

I membri della famiglia reale, oltre a vestire di nero per la maggior parte dei successivi giorni, sono tenuti a cambiare le foto profilo dei social media in bianco e nero e a rimanere in lutto fino al 22 Aprile. Durante questo periodo le leggi non possono ricevere consenso reale, le bandiere sono alzate fino a metà asta e l’intera nazione condivide il dolore della Royal family decidendo in modo autonomo se proseguire le proprie attività o meno. 

La morte del principe è un avvenimento che colpisce non solo l’intera nazione inglese ma anche il resto del mondo sconvolto da ciò: la morte è improvvisa e come colpisce ognuno di noi nel piccolo, ferisce allo stesso modo i reali; ci auguriamo quindi che, specialmente, la regina Elisabetta possa trasformare il proprio dolore in un’occasione per sé stessa, tornando a dare il meglio di sé e a portare gioia nel mondo, anche grazie alla sua varietà e vivacità proprio nello stile unico e inimitabile.

Rosa Musco



sabato 1 maggio 2021

Emanuele Giangregorio- La festa dei lavoratori

 

La festa dei lavoratori, ricadente il 1° maggio di ogni anno, è una commemorazione scelta da tantissimi paesi nel mondo per celebrare l’impegno e la dedizione di tutti i lavoratori e tutte le lotte fatte in onore dei loro diritti. La scelta della data è connessa appunto a tutte le manifestazioni organizzate dagli operai per rivendicare i propri benefici, iniziate il 1° maggio 1867, a distanza di un anno dall’approvazione nello stato dell’Illinois della legge per le otto ore lavorative, con una rivolta a cui presero parte circa diecimila persone. L’evento che fece più scalpore però fu la cosiddetta rivolta di Haymarket. A esattamente 19 anni di distanza dall’entrata in vigore della legge sulle otto ore lavorative, nella piazza di Haymarket, Chicago, si tenne un raduno di operai ed attivisti, trasformatosi poi in strage, con sette agenti della polizia uccisi, ed otto lavoratori condannati a morte. L’anno successivo il presidente degli Stati Uniti d’America decise di fissare il primo maggio come data per commemorare tutti gli scontri avvenuti in onore dei diritti dei lavoratori e due anni dopo inoltre il congresso internazionale di Parigi dichiarò il primo maggio festa internazionale dei lavoratori.

Non solo in America però avvennero scioperi e manifestazioni in onore dei diritti degli operai. Dando uno sguardo al nostro paese infatti, successivamente agli eventi avvenuti a Chicago, buona parte del popolo livornese scioperò contro l’attracco delle navi americane al porto italiano. Andando avanti con gli anni poi, in età fascista la festa del primo maggio fu anticipata al 21 aprile, ricorrenza della nascita di Roma, anche se poi con la fine della guerra, venne fatta ricadere nuovamente nella data originaria.

Nel ’47 poi avviene la cosiddetta strage di Portella della Ginestra, che portò con se 14 vittime e 50 feriti, sparati da alcuni membri di una banda criminale, tra i duemila lavoratori che presero parte alla manifestazione organizzata in onore della festa.

La festa del primo maggio ha perso ormai per molti il suo reale valore, basato principalmente sul ricordo di tutti gli uomini e le donne lavoratori morti per difendere i propri diritti. E’ ormai diventata solo un’occasione per divertirsi e saltare un giorno scolastico/lavorativo. Mi rattrista il pensiero che molti possano addirittura aver dato la vita , e che debbano essere ricordati in questa maniera. Sta quindi a tutti noi tentare di fare giustizia verso tutte queste persone, cercando di dare un vero peso a questa festività.

 Emanuele Giangregorio



venerdì 30 aprile 2021

Francesca Pucillo - Volontariato: un modo per farsi sentire nella comunità


Il volontariato può essere sicuramente inteso come un gesto di altruismo o di attenzione nei confronti del prossimo, ma anche come un modo per impegnare il proprio tempo, riuscendo ad imparare qualcosa di utile e scoprendo nuove realtà, che, prima di allora, concepivamo molto più lontane dalla nostra vita di quanto in realtà non siano.  Talvolta, viene visto come estremamente impegnativo e noioso, oppure definito anche ipocrita, forse perché mosso dal desiderio di rendere virali determinati slogan mai seguiti o di mostrare una faccia intrisa di generosità e carità, che alle volte non combacia con quella di molte persone, le quali vogliono spesso coprire la loro con una maschera, probabilmente perché ritenuta più adatta agli occhi della società. Purtroppo, anche in questo mondo esiste questo lato buio, a causa del quale molti potrebbero perdere fiducia nelle associazioni che mettono in mostra, in senso buono, alcuni motti o progetti da loro organizzati, pensati per aiutare concretamente la comunità, e non per farne sfoggio. Nonostante ciò, esistono molte organizzazioni che credono realmente nei principi di cui parlano da anni ed anni, e, alcune delle loro sedi, sono presenti anche nella nostra città. In questo caso, sarebbero tanti i nomi di associazioni da fare, presenti sul nostro territorio: Caritas, Croce Rossa, gruppi scout…Grazie a loro, moltissimi adulti, ragazzi e bambini, hanno trovato il modo di crescere e di migliorarsi, scoprendo con i loro occhi realtà e situazione che consideravano lontane o ascoltando storie e testimonianze che li hanno aiutati a credere maggiormente nei principi di assistenza, che mettono in atto con semplici gesti e progetti, che spesso godono di un’interazione dinamica con le istituzioni pubbliche, entrambe determinate nel dare il proprio contributo alla comunità.

Francesca Pucillo


domenica 25 aprile 2021

Maria Pia Calderazzo - La festa della Liberazione

      


Oggi, 25 Aprile, ricordiamo la liberazione dal regima nazifascista presente in Italia negli anni ’40. Ben settantasei anni fa, i partigiani si sono ribellati alle truppe tedesche, dopo venti anni di dittatura. 

Il termine “partigiano” indica l’appartenenza ad una parte, ovvero andare, in qualche modo, contro il sistema. Questa figura è un cittadino libero armato, non facente parte di un esercito, che, volontariamente, si batte con i concittadini per la difesa della patria da un’armata. Sono proprio questi sostenitori della Resistenza ad essere i protagonisti di questa importante giornata. Uomini, donne e anziani che con coraggio e determinazione si sono battuti affinché quell’orribile dittatura, rappresentata dal fascismo, che regnava in moto autoritario in Italia, venisse finalmente sconfitta. Ribellarsi ad un governo dispotico che tagliava via ogni possibilità di essere sé stessi, impedendo la libertà di espressione o imponendo leggi razziali, era essenziale per riconquistare la libertà persa. Queste però sono solo poche delle cose negative introdotte da Benito Mussolini, leader del fascismo. Basti ricordare come questo partito prenda piede in Italia per capire effettivamente la gravità della situazione. Mussolini nell’ottobre del 1922 organizzò la marcia su Roma, con circa 50.000 camicie nere. Sotto la minaccia di una violenta presa di potere, gli italiani assistettero all’ascesa del fascismo. Da non dimenticare è, sicuramente, l’alleanza con Hitler, leader del nazismo, che invece regnava sulla Germania, e che sterminò milioni di persone, tra cui ebrei, disabili, omosessuali, zingari e altri uomini giudicati da lui contro natura. 

Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia il giorno 25 Aprile del 1945 ordinò a tutti i partigiani, che eroicamente rischiarono la propria vita, di attaccare i presidi fascisti e nazisti, liberando così la nazione, che per venti anni aveva sopportato violenze e privazioni delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo. 

Istituire una giornata per ricordare tutto ciò è stato di fondamentale importanza: il 25 aprile è una data simbolica, che ricorda di tutti gli avvenimenti necessari a rendere la nostra una nazione libera oggi, e che mi stanno permettendo di scrivere liberamente ciò che voglio e di esprimere un mio pensiero, senza la paura di essere attaccata o di subire un qualsiasi tipo di violenza. 

Questa parte della storia è stata ormai scritta, ma ora sta a noi non dimenticarla ed evitare che in futuro possa succedere di nuovo un avvenimento così catastrofico.

Maria Pia Calderazzo


martedì 13 aprile 2021

Alessia Parrella - L’agghiacciante storia di Valentina Pitzalis


Leggendo svariati articoli e guardando diverse interviste sono rimasta estremamente colpita dalla storia di una donna, una donna rovinata dall’uomo che diceva di amarla. Sto parlando di Valentina Pitzalis, oggi diventata simbolo della lotta contro il femminicidio e la violenza sulle donne, di cui, purtroppo, soprattutto ultimamente, sentiamo parlare troppo spesso. 

La storia di Valentina ha avuto risvolti terribili e incredibili, soprattutto nel momento in cui è stata accusata di aver ucciso proprio colui che l’aveva bruciata con il fuoco: il suo ex marito. 

 Valentina nasce a Cagliari nel 1983 e vive un’infanzia felice insieme alla sua famiglia. Nel 2005 decide di trasferirsi in un paesino a sud della Sardegna per vivere insieme al suo compagno, conosciuto con il nome di Manuel Piredda, del quale era perdutamente innamorata. Tornata da un viaggio di lavoro come stagista in Germania, i due ragazzi non lasciano passare molto tempo prima di decidere di sposarsi e coronare il loro sogno d’amore. La felicità e serenità nella coppia dura però ben poco: Manuel inizia, infatti, a presentare sempre più frequentemente atteggiamenti possessivi e una gelosia fuori controllo nei confronti di Valentina. Inizia così un lungo “tira e molla”, fino alla tragica notte che ha rischiato di far sparire per sempre la Pitzalis. La sera tra il 16 e il 17 Aprile 2011 la ragazza raggiunge Manuel nella sua abitazione, e non appena sfiora la soglia della porta, le viene gettata addosso della benzina e dato fuoco. Nell’incendio il ragazzo non sopravvive, mentre Valentina viene salvata dai pompieri in condizioni gravissime. La sua sofferenza non ha purtroppo fine: sfigurata e invalida è infatti costretta a difendersi, come ho accennato all’inizio dell’articolo, da accuse gravissime. La madre dell’ex marito indica la Pitzalis come la responsabile della morte del figlio per omicidio premeditato, facendo svolgere indagini fondate sul nulla e producendo accuse assolutamente infondate, che però


non hanno permesso di far vivere a Valentina con tranquillità quel momento così difficile e delicato della sua vita. Finalmente nel 2020 il caso della Pitzalis è stato archiviato, ristabilendo la verità, e permettendole di uscire finalmente da quell’incubo che era durato anche fin troppo tempo. 

Ho deciso di raccontare e riportare la storia di questa grande donna, perché sono stanca di dover ancora sentire, nel 2021, racconti di donne innocenti, uccise o sfigurate da sostanze chimiche di ogni tipo, che hanno come unica colpa quella di aver scelto di amare la persona sbagliata. 

Alessia Parrella


venerdì 9 aprile 2021

Martina Pedicini - Tiktok: un social dannoso per bambini e adolescenti

 


Nato nel 2016 come “Musical.ly”, TikTok è il social network cinese che adesso sta spopolando, con oltre 2 miliardi di download, tra bambini e adolescenti.

La piattaforma, ormai utilizzata anche da adulti e anziani, lascia ai suoi utenti un’ampia possibilità di scelta tra balli, canto, doppiaggio e recitazione, finalizzata alla produzione di brevi video che durano dai 15 ai 60 secondi. Inoltre chi utilizza Tiktok ha a disposizione uno strumento per sensibilizzare su tematiche importanti, sfogarsi con i suoi followers e parlare dei propri problemi. Dunque è chiaro che l’applicazione ha anche degli aspetti positivi, che purtroppo non vengono sfruttati sempre in modo adatto e corretto.

È molto semplice infatti diventare famosi e spopolare su TikTok, dal momento che i video possono diventare facilmente virali. Questo social però contiene spesso contenuti purtroppo non adatti a bambini e ad adolescenti stessi. L’età minima dovrebbe essere di 13 anni, ma è abbastanza facile raggirare l’applicazione, poiché è possibile visualizzare i contenuti anche senza un profilo. Partendo dai rischi riguardo la privacy (numero di cellulare, dati biometrici e altri dati personali captati da vari server cinesi), si possono riscontrare addirittura moltissimi problemi legati alla pornografia, cyberbullismo e pedofilia. Infatti tantissimi minori espongono senza protezione la propria immagine, mostrando anche aspetti fisici, nel ricercare un’ossessiva popolarità e competizione con altri utenti. Di conseguenza questo social è pieno zeppo di predatori sessuali e pedofili, che spesso approfittano dell’ingenuità di molti utenti, incitandoli a postare contenuti sempre più spinti e dannosi.

Per non parlare delle sfide e delle assurdità estremamente pericolose che stanno girando su TikTok. Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana, ha attaccato duramente il social dopo un evento drammatico che ha visto la morte di una bambina palermitana, a seguito di una “prova di coraggio” su TikTok che consisteva nell’auto strangolamento.

Un ulteriore problema, che sta diventando sempre più comune, è l’affermazione di modelli negativi, che incitano al consumo di droghe, a disturbi alimentari, isolamento, mancanza di rapporti sociali e ad abitudini sbagliate.

Dal 9 febbraio, TikTok sta prendendo provvedimenti, bloccando tutti gli utenti italiani, chiedendo di riconfermare la propria età per continuare ad utilizzare l’app, in modo da impedire definitivamente l’accesso ai minori di 13 anni.

Questo blocco sicuramente non porrà fine a tutte le problematiche legate all’app. L’unico modo, alquanto estremo, per essere del tutto “riparati” dai pericoli di TikTok, è non scaricare l’applicazione. Si possono limitare però i danni, utilizzandolo in maniera moderata, con la supervisione di un adulto per i minori, segnalando e bloccando contenuti poco adatti ed utenti sospetti e pericolosi.


Martina Pedicini


mercoledì 7 aprile 2021

Alessia De Nigris - Naya Rivera


L’ 8 luglio 2020, l’attrice e cantante Naya Rivera, famosa soprattutto per aver interpretato il personaggio di Santana Lopez nella serie televisiva Glee, è stata dichiarata scomparsa ed in seguito morta il 13 luglio. Questa data coincide con il settimo anniversario del decesso di Cory Monteith, collega e amico dell’attrice , che interpretava Finn Hudson in Glee

Il giorno della sua scomparsa, Naya era andata con il figlio di 4 anni, Josey, a trascorrere una giornata in barca sul lago Piru, in California. Secondo il bambino, trovato addormentato da solo sulla barca, lui e la madre sarebbero andati a nuotare ma poi la donna non sarebbe mai più risalita sulla barca avendo usato tutte le sue forze per salvare il figlio, che non riusciva a risalire. 

La morte dell’attrice ha dato luogo a vari episodi di triste strumentalizzazione. Secondo uno dei più recenti, Ryan Murphy, co-creatore di Glee, avrebbe promesso di creare un fondo destinato al college per il figlio di Rivera, Josey. Secondo un tweet del padre dell’attrice,  Murphy non avrebbe mai mantenuto tale promessa, usando questa bugia solo per farsi pubblicità. 

Ci sono stati, inoltre, molti episodi che hanno scatenato la rabbia dei suoi fan. Uno di questi è stato il fatto che Colette Jones, personaggio che Naya interpretava nella serie Step Up: High Water, sarà rimpiazzato da Christina Milan. La mancanza di un episodio in onore della morte dell’attrice, quindi, è stato definito dai fan come “irrispettoso” e “inaccettabile”. Un altro evento che ha fatto scalpore tra gli ammiratori della Rivera è stata l’assenza del suo nome nel tradizionale video-tributo mostrato ai Grammy Awards per onorare gli artisti e i cantanti scomparsi, in questo caso, nel 2020. I fan si sono dichiarati “disgustati” da questa mancanza. 

Pur non essendo stata ricordata ai Grammy, Naya ha comunque ricevuto tributi da milioni di persone, specialmente dai suoi amici del cast di Glee. Particolarmente commoventi sono le svariate dediche postate su Instagram da Heather Morris, interprete di Brittany S. Pierce in Glee e migliore amica dell’attrice. Anche la performance in sua memoria tenuta da Amber Riley (Mercedes Jones in Glee) è stata molto toccante ed un eccellente tributo. 

Naya sarà sempre ricordata per il suo talento, la sua passione e soprattutto per la gioia che diffondeva.

Alessia De Nigris


martedì 6 aprile 2021

Marta Mazzeo - Chiamando il gatto...

 


Da qualche giorno, si sta sentendo parlare molto in Italia della tematica del “cat-calling”, letteralmente “chiamando il gatto” , in quanto comprende, per definizione, l’insieme di commenti indesiderati, gesti, strombazzi, fischi e avance sessuali in aree pubbliche, proprio come se ci si rivolgesse a degli animali; tali commenti, tuttavia, non devono forzatamente presentare una connotazione sessuale per risultare offensivi in egual maniera; infatti spesso prevedono insulti perlopiù omofobi, transfobici, nonché razzisti o addirittura volti a discriminare le disabilità e la religione, così come la classe sociale d’appartenenza. Il cat-calling è un fenomeno purtroppo assai diffuso e sta vivendo in quest’era un importante incremento, risultando così una gabbia per le persone discriminate, la cui maggioranza, come ci suggeriscono le statistiche, è composta da donne, perlopiù adolescenti di età compresa tra i 14 e i 28 anni: dunque, in un periodo di formazione e di conoscenza di se stessi, in cui si è alla continua ricerca di stimoli, si è tenuti a dover subire insulti, offese, ingiurie, nel migliore dei casi (poiché il termine “cat-calling” può essere utilizzato anche per riferirsi a calci e spintoni che degenerano spesso in vere e proprie risse), sentendosi impotenti di fronte a ciò, in quanto in Italia, nel 2021, non vi è ancora alcuna legge che consenta punire tale comportamento. Diversamente, in altri Stati Europei, come per esempio la Francia, dal 2018 il reato di cat-calling su strade o mezzi di trasporto pubblico è punibile con multe che ammontano a circa 750 euro; il conto diverrebbe tuttavia più salato, qualora si trattasse di un comportamento aggressivo con risvolti fisici. In Perù, invece, vigono leggi contro simili pratiche dal marzo 2015, e gli Stati Uniti vantano varie leggi che riguardano le molestie di strada, così come molti altri Paesi. 

L’ultima denuncia riguardante il cosiddetto “cat-calling” arriva da un personaggio noto, Aurora Ramazzotti, figlia dell’attrice e presentatrice Michelle Hunziker e del cantautore Eros Ramazzotti, la quale si è sfogata nelle storie Instagram ammettendo di essere stanca di subire continue molestie verbali: la ragazza racconta di essere stata vittima, da parte di alcuni uomini, di fischi e commenti sessisti di ritorno da una corsa, pur essendo per l’appunto in tenuta ginnica (sottolineando ciò, ha voluto precedere l’onda mediatica di commenti volti a criticare il look e a giustificare il comportamento degli uomini, che si sarebbe scatenata qualora lei avesse indossato una gonna, nonché un abito attillato). È sconvolgente ciò che è emerso dalle opinioni riguardanti l’accaduto, molte delle quali rivolte contro Aurora: si è sostenuto che i fischi, le urla, gli insulti provocatori non siano altro che complimenti, apprezzamenti che tuttavia dovrebbero far sentire la donna lusingata. Ci insegna la storia, però, che già nel Settecento il termine “cat-calling” aveva il significato di "grido, suono simile a un lamento" e indicava rispettivamente l’atto di fischiare a teatro gli artisti sgraditi e il fischio di disapprovazione stesso. In che modo ciò dovrebbe non risultare volgare ma addirittura far sentire una persona apprezzata? Indipendentemente dal dibattito riguardo tale quesito, noi donne, così come coloro che subiscono giornalmente aggressioni verbali simili, in quanto esseri umani dovremmo sentirci libere e non dobbiamo, di conseguenza, essere private di tale libertà, per di più da individui che non riescono a vedere il marcio nel proprio comportamento. È assurdo, inoltre, pensare che nel Paese in cui viviamo i comportamenti che dovrebbero essere combattuti vengano  avallati in primis dallo Stato e che dunque non sono punibili legalmente, pur provocando alla vittima momenti di disagio, di fastidio, se non veri e propri traumi. Infine, è ancora più sconcertante il fatto che pesanti offese, insulti, sguardi provocatori, urla e gesti allusivi vengano spacciati per ingenui “complimenti”, quando in realtà hanno il solo intento di “reificare” la vittima, andando a ledere la sua libertà, come già detto in precedenza. In questo caso, si parla di un qualcosa che ci riguarda tutti; infatti non si tratta di una battaglia femminista o della solita polemica che giungerà ben presto nel dimenticatoio: si tratta di rispetto.

Marta Mazzeo


sabato 3 aprile 2021

Grazia Vitale - Un paradigma di resilienza: Stephen Hawking

 


Ognuno di noi, lungo il percorso della vita, si trova ad affrontare avversità, talvolta apparentemente insuperabili e molto più grandi di noi. La resilienza  è la capacità di affrontare e superare grandi difficoltà o eventi traumatici, la capacità di reagire in modo positivo, a testa alta, senza lasciarsi scaraventare a terra, la capacità di adattarsi o il cercare di adeguarsi a una situazione di disagio. Inevitabilmente Stephen Hawking non può che essere un esempio a riguardo. «Finché c’è vita c’è speranza». Quale motto di vita migliore? Spesso frasi del genere trovandosi sulla bocca di tutti, perdono di significato, perché sfortunatamente non tutti capiscono che le parole sono macigni o comunque molto spesso non hanno la capacità di attribuire ad esse il giusto peso, andando di conseguenza a rendere banale e di poca importanza cose che in realtà fanno venire i brividi, specialmente se si conosce la storia che c’è dietro e dalla quale derivano morali e insegnamenti o, come in questo caso, esempi di vita. Hawking è stato fra i più autorevoli e conosciuti fisici teorici al mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo e ha contribuito all'elaborazione di numerose teorie fisiche e astronomiche: il multiverso, la formazione ed evoluzione galattica e l’inflazione cosmica.

Nel 1963, arrivò a Cambridge e le accresciute difficoltà nell'uso degli arti lo spinsero a sottoporsi ad accertamenti medici e gli venne diagnosticata una malattia degenerativa dei motoneuroni, che comprometteva la funzione di governo della contrazione muscolare: in particolare si pensò allora alla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o a malattia a essa correlata. Hawking ricevette costanti cure e assistenza che gli evitarono l'insufficienza respiratoria e la malnutrizione con disidratazione, e il suo corpo non fu mai sforzato eccessivamente, mantenendo però in attività la mente: questo ha contribuito alla sua lunga sopravvivenza, superiore ai 50 anni.

Un tecnico di Cambridge in questi anni costruì per lui un sintetizzatore vocale che trasformava in suono ciò che Hawking scriveva su un apposito computer, poi collegato alla sedia a rotelle secondo un sistema inventato dal tecnico stesso. In questo modo Hawking riuscì a comunicare, sebbene molto lentamente e con una frequenza di non più di quindici parole al minuto.

Hawking è morto nelle prime ore del mattino del 14 marzo 2018 all’età di 76 anni nella sua casa a Cambridge. Oltre alla straordinaria eredità scientifica, ci ha lasciato qualcosa di molto più importante, ci ha insegnato a non perdere la speranza e a combattere fino alla fine. La sua malattia gli ha stravolto completamente la vita, e ci sono tanti casi nei quali i malati non accettano la malattia, cadendo in depressione senza più riprendersi e dando in escandescenza, cosa che inizialmente è successa anche ad Hawking, ma poi egli ha trovato dentro di sé qualcosa che gli ha permesso di andare avanti: la resilienza. Ci vuole una forza immensa per accettare una malattia (di qualunque origine e genere essa sia), per imparare a conviverci e adeguarsi ai cambiamenti che comporta e impone.

Stephen Hawking è un esempio, ma ci sono tantissime altre persone che nell’anonimato conducono un’esistenza improntata alla resilienza, e solo quando si ha la fortuna di incontrarli ci si sente arricchiti e si capisce quante molteplici stelle brillino di luce propria, e ci si sente addirittura riscaldati dalla luce che emanano.

La speranza è tutto, ma la differenza la facciamo noi: sta nel modo in cui scegliamo di reagire, accettando ciò che di più brutto ci succede senza remarci contro, ma cavalcando l’onda. A volte è l’unico modo per trovare la pace, ma questo non significa assolutamente arrendersi, anzi. Paradossalmente a volte ci vuole più forza per fare spazio nella nostra vita a qualcosa che non ci piace sapendo che combatterlo ci porterebbe via solo energie. È un atto di coraggio, da non confondere con la rassegnazione o l’abbandonarsi a se stessi. Di recente un mio amico mi ha detto qualcosa che reputo estremamente importante: «Non ci resta che guardare sempre in avanti… ogni giorno con occhi diversi, più stanchi ma che non possono chiudersi e vedere il buio per nessun motivo».

E penso sia un messaggio che tutti dovremmo fare nostro, perché la vita è fatta di questo. Ciò che fa la differenza è il nostro modo di reagire alle avversità, il nostro modo di incassare i colpi, piegarci, cadere, soffrire, piangere e strillare fino a non avere più fiato in corpo, ma poi tornare in piedi, anche se barcollando, a non darla vinta a nessun finale che non sia quello che noi vogliamo. Spesso si muore combattendo e purtroppo, altrettanto spesso, quel magico finale non arriva, ma trovare la forza di reagire positivamente e di vivere, sapendo di avere i giorni contati o sapendo già che qual finale per noi non arriverà mai, per me è straordinario. A volte bisognerebbe vivere essendo consapevoli che non abbiamo fatto nulla per meritarci questa vita, e magari a qualcuno che questo tipo di vita lo voleva davvero (vita di cui spesso e volentieri ci lamentiamo) è stata tolta la possibilità di poterla vivere. Forse a volte dovremmo vivere un po' anche per loro.

Dobbiamo essere grati di essere vivi, e quando si presentano difficoltà irte lungo il nostro cammino, quando ci si ritrova a doversi fronteggiare con malattie e similia, penso che la cosa più distruttiva che si possa fare sia considerarsi già morti o trattare qualcuno come se lo fosse: come se già fosse spacciato. Finché c’è vita c’è speranza, e allora smettiamola di darci già per morti! La speranza morirà con noi («Spes ultima dea»), e solo quando saremo noi a morire, questo è il senso. È disarmante vedere come certe cose si comprendano e vengano apprezzate quando ormai è tardi e possono essere solo rimpiante. Se affrontato col sorriso, tutto diventa un po' meno devastante, e finché i nostri occhi saranno in grado di vedere la luce, nulla sarà mai così tanto al buio da non poter essere illuminato.

Grazia Vitale

 



venerdì 2 aprile 2021

Francesca Spada - La Strega stupisce, la Signora subisce


All’Allianz Stadium i padroni di casa subiscono il “colpo della strega”. Una giornata memorabile per tutta la città campana, sia per la prima vittoria storica ottenuta contro la Vecchia Signora sia per la ripresa nella corsa per la salvezza. 

I giallorossi non vincevano dal 6 gennaio a Cagliari; successivamente hanno ricavato punti con il pareggio contro il Torino, la Sampdoria, il Bologna, la Roma e lo Spezia. D’altra parte i bianconeri, al terzo posto e con una partita in meno, metabolizzata l’uscita dalla Champions, proseguono verso l’obbiettivo scudetto. 

Inzaghi, in vista del big match, ripropone il 3-5-2, già sperimentato nel match contro la Fiorentina ma con la differenza delle due punte: Gaich e Lapadula. Questa novità ha dato la svolta alla partita: Lapadula, trovatosi solo in varie occasioni gol nelle partite precedenti, sembra abbia trovato un ottimo compagno di reparto: il nuovo acquisto di dennaio, Adolfo Gaich. Proprio quest’ultimo, dopo essere andato a segno nel match a La Spezia come prima partita da titolare, ha sbloccato e portato alla vittoria i giallorossi a Torino. 

Pirlo, invece, per i padroni di casa, ha scelto la formazione titolare schierando in attacco le sue punte di diamante: Ronaldo e Morata. Avendo commesso l’errore, nella partita di andata, a Benevento, di lasciar riposare a casa Ronaldo, sembra che il “maestro” abbia voluto rimediare schierandolo dal primo minuto. Nonostante una formazione di lusso, presenti tutti i titolari, proprio CR7 e compagni hanno fallito nella gara contro la neopromossa. L’ex pallone d’oro con le sue giocate raffinate si è trovato per più di una volta faccia a faccia con Montipò ma trovando la porta blindata. Il portiere giallorosso non è il solo ad avere avuto i meriti della partita, anche la difesa sembra aver gestito bene l’attacco Ronaldo–Morata, i quali si sono trovati a combattere contro la corazzata di Inzaghi.

Resta l’amaro in bocca ai bianconeri, non solo per la pesante sconfitta contro la sedicesima in classifica, ma anche per quel presunto rigore con il fallo di Foulon sull’azione di Chiesa. Una questione che solleva parecchi dubbi ma anche diversi malcontenti soprattutto per la mancata visione al VAR da parte di Abisso. Analizzando l’episodio, il difensore del Benevento era già a terra nel momento in cui l’esterno d’attacco è entrato nell’area di rigore e quest’ultimo ha accentuato la caduta cercando di trarre in inganno il direttore di gara. I campani hanno portato a casa una partita storica e nuove speranze mentre ai torinesi non resta che incassare il colpo e riflettere sulla sconfitta.

Francesca Spada




mercoledì 31 marzo 2021

Sofia Giangregorio - Blackface

 

Oggi più che mai, il razzismo è una tematica estremamente discussa su telegiornali e social media: sono all’ordine del giorno storie di aggressioni, omicidi e ingiustizie mosse puramente dall’odio contro chi, se pur così superficialmente, è considerato diverso; al solo sentire di tali racconti, sembra quasi di catapultarsi in un’epoca lontana in cui le discriminazioni sovrastavano qualsiasi tipo di interazione sociale. Nonostante oggigiorno azioni del genere siano condannate sempre più aspramente, soprattutto grazie all’intervento dei giovani attivisti - che è giusto ricordare saranno gli adulti del domani - molti gesti a scopo denigratorio ritenuti minori, se messi a confronto con la violenza fisica, sono stati normalizzati nella società odierna al punto da essere continuamente riproposti come una rappresentazione veritiera dell’intera comunità nera: si parla di blackface, fenomeno che fin dal secolo scorso ha colpito anche il panorama artistico italiano. La blackface, per definizione, è una pratica che affonda le sue origini nell’America del diciannovesimo secolo, e consiste nel truccarsi in modo marcatamente non realistico per assumere le sembianze stereotipate e caricaturali di una persona nera, specialmente in ambito teatrale. Al tempo, attori bianchi in scena indossavano stracci, un trucco così pesante da cambiare loro i connotati, esageravano il tono della voce e limitavano la capacità di linguaggio, alimentando in questo modo la già diffusa idea che le persone nere fossero pigre, ignoranti, pavide e lussuriose. Naturalmente, spettacoli del genere (i cosiddetti minstrel shows, tra cui si ricorda il “Jim Crow” del performer Thomas Rice, 1828) divertivano il pubblico bianco, che era così in grado di rafforzare stereotipi già radicati nella società e riconfermare la superiorità razziale, lasciando da parte la sofferenza e il dolore che accompagnava, nel frattempo, la schiavitù. 

Sarebbero molti gli episodi di blackface nel territorio italiano da elencare, proprio perché questa forma di discriminazione viene spesso non considerata tale e sorvolata per noncuranza o semplice ignoranza in merito; un esempio lampante risale all’epoca coloniale fascista, per mano del vignettista Enrico de Seta, o, in tempi più recenti, nella trasmissione “Zelig”, a scopo comico, o ancora nel “Tale e Quale Show”, programma in onda su Rai 1 che ha visto in numerose occasioni concorrenti bianchi dipingersi tutto il corpo per interpretare icone del panorama musicale mondiale. Un gesto di questo tipo sarebbe al giorno d’oggi inconcepibile negli Stati Uniti, ma passa inosservato in Italia, e ciò non fa altro che evidenziare, ancora una volta, l’ignoranza che domina incontrastata sul nostro paese. 

La blackface si porta alle spalle un passato crudele e doloroso, ed è a tutti gli effetti un problema reale di cui non si parla abbastanza, che va necessariamente combattuto in nome della libertà e del rispetto.

Sofia Giangregorio


domenica 21 marzo 2021

Annamaria Vaiana - Una nuova strada: il “Noi”


Ad oggi di mafie e legalità non si parla spesso, eppure, 21 marzo è la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Nel 2018 ho letto due libri che mi hanno aperto gli occhi su questo argomento così ampio e storicamente complesso. La legalità del NOI e ALLE MAFIE DICIAMO Noi entrambi scritti da Gianni Bianco e Giuseppe Gatti (rispettivamente giornalista e sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari). Due libri sono encomiabili perché offrono un nuovo modo di pensare e soprattutto di parlare sull’argomento mafie-legalità. 

Responsabilità. Ecco il primo passo per comprendere la legalità del Noi. La responsabilità non è altro che l’impegno personale, sociale e civile di ciascuno di noi nei confronti della comunità. 

Aristotele definiva l’uomo come “animale politico”. Ciò che distingue l’uomo dagli alti animali è la sua necessità di vivere in una comunità regolata da leggi che fanno in modo che la libertà di ognuno non violi la libertà dell’altro. E se qualcuno non rispetta questa regola basilare di convivenza, è stesso la legge con l’odine giudiziario, a dare sanzioni. Questa è la forma migliore di convivenza civile. 

Ognuno di noi deve avere la responsabilità di compiere azioni che non rompano l'equilibrio di vita della comunità, formato da un sistema in cui la "legalità" è garantita.

Ma allora perché parliamo di legalità del Noi? Cosa cambia in questa visione della legalità?

Ogni singolo deve sentirsi parte del "NOI" sociale: solo se tutti gli "IO" camminano insieme la società diventa più forte. Il “NOI" non è “potente", ma ha la forza di generare progettualità, speranza e coraggio. In questo "NOI" ci siamo tutti: ecco perché parlo di responsabilità personale. 

La mafia non conosce la fiducia. La "legalità" dell'IO è "potente" perché basata sulla singola persona diffidente che tende a dividere. 

Quindi i nostri percorsi singoli e personali devono incontrarsi, devono fare rete, devono confluire in un grande progetto di comunità, devono generare insieme il "NOI". Il "NOI" non genera eroi solitari. Papa Francesco nella Gaudete et Exsultate di marzo 2018, infatti, ci richiama ad essere "eroi" quotidiani e a non averne paura. Il Papa ci dice che non è che la vita abbia una missione, ma che la vita stessa è missione. Si è "santi" o "eroi" vivendo ogni giorno con amore. Non è sano amare il silenzio ed evitare l'incontro con l'altro, conclude l'Esortazione papale. Le parole del Papa sono molto forti, soprattutto nell'epoca che noi ragazzi vivendo, che viene definita la "post-modernità" in cui si parla proprio del "crollo del NOI" in una società definita "liquida" in cui il "NOI" non cresce più perché abbiamo perso il senso della condivisione umana di valori e, quindi, di uno dei valori più importanti. 

Oggi Libera, nomi e numeri contro le mafie, si è assunta la responsabilità morale e sociale di portare il messaggio che tutte le vittime di mafia non hanno potuto portare a compimento. Oggi Libera, con questa responsabilità, commemora le vittime con tutti noi, perché è solo insieme che le mafie si possono annientare. 

Anche noi oggi commemoriamo Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano, due nostri conterranei che per il loro impegno sono stati uccisi. «Assessore regionale al lavoro della Campania per la Democrazia Cristiana, Delcogliano è uno degli astri nascenti della politica beneventana, già consigliere comunale del capoluogo sannita» si legge nel sito di “Libera”. Fu una giornata di grande silenzio e panico, a Benevento: l’isola felice era stata violata. I nostri genitori raccontano che per la prima volta anche a Benevento si sentì che il malaffare e la criminalità organizzata non risparmiano nessun territorio, nessuna persona, nessuna società civile che vogliano camminare su un percorso fatto di rispetto delle leggi e dello Stato.

Annamaria Vaiana


martedì 16 marzo 2021

Martina Pedicini - 15 marzo: giornata nazionale del fiocchetto lilla

 


In Italia sono 2 milioni le persone che soffrono di disturbi alimentari, di cui il 95,9% sono donne, 10 adolescenti su 100 (in una fascia d’età compresa tra i 15 e i 19 anni), con un incremento di casi pari a 8500 persone all’anno e circa 3360 decessi. 

Purtroppo sono ancora in molti a non prendere sul serio queste malattie, cosa che induce tantissime persone che ne soffrono a non chiedere aiuto, per paura di essere giudicate o non capite.

Per questo motivo è stata indetta la “Giornata nazionale del fiocchetto lilla”, il 15 marzo, per sensibilizzare su questi disturbi, affinché più persone possibili ne siano a conoscenza e ne comprendano la gravità. 

Non solo anoressia e bulimia, ma sono tanti i DCA (disturbi del comportamento alimentare) che purtroppo colpiscono un numero sempre maggiore di persone. 

L’anoressia nervosa è caratterizzata da una continua ricerca della magrezza (spesso provocata da motivi più profondi di quelli estetici, ma di natura psichiatrica e psicologica), dispercezione corporea, estrema restrizione calorica, che spesso può portare chi ne soffre al raggiungimento di un peso molto basso. 

La bulimia nervosa è caratterizzata da frequenti episodi di abbuffate, seguiti da “condotte di compenso”, come il vomito auto-indotto e l’utilizzo di lassativi. 

Il binge-eating (o disturbo da alimentazione incontrollata) consiste nel consumo frequente di grandi quantità di cibo e abbuffate, analoghe a quelle della bulimia, ma che non sono seguite da pratiche di compensazione. Circa la metà delle persone affette da disturbo da binge-eating soffre anche di depressione.

L’ortoressia è l’ossessione maniacale per i cibi sani, caratterizzata da una forte attenzione verso diete e cibi esistenti sul mercato. A differenza dell’anoressia, il soggetto ortoressico non si concentra tanto sul proprio aspetto, ma è ossessionato quasi esclusivamente dalla qualità del cibo. Spesso chi soffre di ortoressia non riesce ad avere rapporti equilibrati con l’esterno. 

La sindrome da alimentazione notturna è invece caratterizzata da episodi nei quali il soggetto si risveglia di notte per consumare grandi quantità di cibo, spesso rifiutato durante il resto del giorno. 

L’EDNOS (disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato) comprende situazione simili all’anoressia, alla bulimia o al binge-eating, racchiuse in un unico disturbo, non soddisfacendo nello specifico i criteri per diagnosticare le singole malattie. 

Questi sono solo alcuni dei tanti disturbi del comportamento alimentare purtroppo oggi esistenti. C’è da ricordare che non sono malattie fisiche, dunque non si basano sul peso di chi ne soffre o sull’aspetto fisico, ma sono disturbi psichiatrici. Quindi è importante capire che si può chiedere aiuto anche senza avere un indice di massa corporea estremamente basso, o senza essere in sottopeso. Dunque è bene affidarsi ad esperti psichiatri, neuropsichiatri, psicologi e nutrizionisti per affrontare queste malattie. 

Martina Pedicini


giovedì 11 marzo 2021

Giulia Caporaso, Giulia Mercurio, Emanuela Verdile - L' 8 marzo al Liceo Classico “Pietro Giannone”

 


La Giornata internazionale della donna cade l'8 marzo di ogni anno. Per celebrare questa ricorrenza, il nostro istituto ha organizzato un incontro tra le classi ginnasiali, durante il quale sono state toccate più tematiche. L’esigenza di istituire questa giornata nasce in seguito a varie tragedie durante le quali molte donne furono uccise, maltrattate e umiliate. Dopo anni di silenzio, queste ultime iniziarono a parlare in merito alla rivendicazione dei loro diritti e alla parità di genere, partecipando ad un movimento affermatosi durante l’Ottocento: il femminismo, che ha rivendicato e rivendica tutt'ora pari diritti e pari dignità tra entrambi i sessi, per far sì che le donne non siano più sottomesse o discriminate rispetto agli uomini. Nonostante ciò, le donne del passato hanno dovuto combattere duramente per i nostri attuali diritti, molti dei quali sono stati riconosciuti soltanto negli ultimi decenni. Attualmente, in alcuni paesi del mondo, i diritti delle donne non sono riconosciuti totalmente ed esse vengono ancora viste in modo diverso rispetto agli uomini. In questi paesi, fin dall'infanzia vengono private dai diritti come quello di andare a scuola e di avere un'istruzione. In tutto il mondo purtroppo sono ancora troppo frequenti atti violenti nei confronti delle donne: violenze sessuali, che fino al 1996 non erano considerate reati contro la persona, violenze fisiche, psicologiche e verbali; vengono maltrattate, ferite e uccise in nome di una mentalità patriarcale e maschilista. Queste violenze colpiscono donne di ogni età, dalle bambine alle ragazze, dalle donne adulte alle anziane. È anche giusto ricordare che in alcuni paesi esiste il cosiddetto fenomeno delle spose bambine: ogni anno nel mondo circa 12 milioni di bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro, costrette a subire violenze da parte di questi ultimi, private della loro libertà e della loro fanciullezza che viene interrotta precocemente. Molte cose sono cambiate ma al giorno d'oggi le donne continuano e continueranno a lottare in modo da ottenere i diritti che ancora non sono stati concessi. Come sosteneva Rita Levi Montalcini " Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società". 


Giulia Caporaso, Giulia Mercurio, Emanuela Verdile


GIORNATA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELLE DONNE

8 MARZO 2021

INCONTRO TRA GLI ALUNNI DELLE CLASSI GINNASIALI (h 9:00-11:00)


Saluti del Dirigente Prof. Luigi Mottola

Saluti delle rappresentanti di istituto Fabiana Maio e Francesca Giangregorio

Introduzione a cura della moderatrice Prof.ssa Annapina D’Agostino

Le tappe fondamentali della conquista dei diritti delle donne (V F)

Le donne nella storia (IV D)

La storia di un matrimonio combinato (IV B)

Il femminicidio (IV D)

La Medea di Christa Wolf (IV C)

La donna attraverso gli occhi di Madre Teresa di Calcutta (VF)

La donna secondo Alda Merini (IV B)

Oltre l’uguaglianza. Testi e riflessioni (VB)

Tre donne a confronto: Saffo, Merini e Madre Teresa di Calcutta (VC)

Monologo di Paola Cortellesi sulle donne (VD)


mercoledì 10 marzo 2021

Alessia De Nigris - La pandemia che ha zittito le esultanze


La pandemia di covid-19 ha sicuramente stravolto le nostre abitudini: noi ragazzi ci siamo ritrovati catapultati in una dimensione solitaria e angosciante, scandita da impegni quasi esclusivamente telematici ma comunque sempre banali. Ovviamente, lo sport non ha più alcuno spazio in questo tipo di quotidianità, limitata a pochissimi contatti, distanziati e circoscritti.  Un mondo che fino all’ anno scorso era il più dinamico che potessimo immaginare è ora, incredibilmente, fermo e con lui tutti gli allenamenti, i tornei e le competizioni che animavano le giornate di chi viveva di sport.  Nonostante alcune società abbiano ripreso vari allenamenti, almeno per le squadre giovanili, le regole di distanziamento li privano di ogni forma di divertimento e, soprattutto, impediscono la corretta pratica di specifici esercizi. Il suggerimento più “popolare” è quello di sostituire gli allenamenti con esercizi in casa che ne simulino i fondamentali ma è intuitivo capire come uno slalom tra fila di ciabatte in soggiorno non abbia nulla a che vedere con un allenamento all’ aria aperta con i compagni di squadra di sempre. Proprio l’assenza di questi ultimi, ci fa realizzare quanto fosse importante lo spirito di squadra e quanto ci manchi semplicemente battere il cinque ad un nostro compagno o ridere insieme nello spogliatoio. Questa esperienza ci ha fatto riflettere anche sulla competizione, il motore di ogni incontro sportivo, dal farsi mancare il respiro per guadagnare un singolo punto ai semplici insulti sottovoce agli avversari. Per questo, dover guardare le partite di categorie più alte dal divano di casa, provoca ancora più invidia e accende una grande rabbia, determinata dal fatto che sembra che le loro possibilità di contagio siano inversamente proporzionali alla quantità di denaro mossa dai grandi campionati. 

Nonostante il mondo ci stia dicendo di fare il contrario, noi continuiamo a sperare che un giorno potremo tornare ad abbracciarci tutti insieme dopo un punto o una bella azione e ad esultare facendoci sentire anche fuori dal palazzetto.

Alessia De Nigris



martedì 9 marzo 2021

Sofia Stefanelli - Questa pandemia...


Questo tempo di pandemia che sta coinvolgendo tutti è certamente molto faticoso ed è ormai un anno che siamo afflitti da questo male. Per noi ragazzi, che per la nostra età abbiamo il desiderio ma anche il bisogno di stare insieme e di condividere, questa vita in lockdown è davvero molto limitante e procura tristezza. L’impossibilità di andare a scuola riduce molto il nostro diritto allo studio e la didattica a distanza ha i suoi limiti: difficoltà di connessione e quindi di buona comunicazione tra studenti e insegnanti. 
Non essere fisicamente in classe fa sentire l’alunno più solo, svogliato con maggiore difficoltà nel concentrarsi. Andare a scuola, inoltre, per ogni adolescente non è solo andare a studiare, a costruire il proprio futuro, ma anche gioire del proprio presente: mi manca incontrare i miei compagni fuori dalla scuola, prima delle lezioni; poter fare merenda e quattro risate nel cortile. 
 Anche le giornate appaiono molte lunghe e noiose, senza la possibilità di distrarsi praticando lo sport preferito. Più volte ho sentito dire che da questa pandemia dobbiamo riflettendo uscirne tutti cambiati, magari migliori. Ho fiducia che questo accadrà, anzi è già accaduto... noi ragazzi sappiamo essere creativi come quando, tornati a scuola, i miei compagni di classe mi hanno fatto trovare un dolcetto con una candelina sul mio banco nel giorno del mio compleanno: certo tutto rigorosamente a distanza, ma questo per me è stato il segno che nessuno vuole rinunciare a manifestare l’affetto, a dire il proprio “ti voglio bene”. 
 Io ho cercato di trasformare quello che ora è negativo in qualcosa che potrebbe essere positivo nel futuro: utilizzare la mascherina, che può essere considerata una cosa negative perché bisogna difendersi da un pericolo, può diventare un segno che ci ricorda la fragilità di tutti gli esseri umani. Poiché tutti dobbiamo usare la mascherina questo può essere per noi un invito ad uscire dal proprio egoismo e iniziare a pensare ad un mondo più solidale e fraterno, attento al prossimo. In particolare, nel futuro spero che ci sia una maggiore attenzione verso i più deboli, che non siano da considerare un peso, ma un’opportunità di amore. Questa pandemia ci ha mostrato tante persone morte sole e talvolta senza una degna sepoltura. Nel futuro che io voglio spero, invece, ci sia un ritorno al passato dove la sepoltura era considerata doverosa, una forma di pietà che dava al defunto la pace e il rispetto. Spero che la vita venga considerata un dono prezioso. Spero si dia più spazio alla ricerca medica e alle cure sanitarie per tutti. Spero che in particolare noi ragazzi possiamo non vedere più lo studio solo come un obbligo e una pagella di voti, ma come un mezzo importante per crescere liberi e le opportunità di scegliere ed agire nella nostra vita. Spero che il fine di tutti sia il bene comune e la condivisione. Spero che usando questa mascherina impariamo a guardarci negli occhi, a dare maggiore importanza alle relazioni umane senza dimenticare che quando si sorride anche gli occhi lo fanno. 

Sofia Stefanelli