mercoledì 31 marzo 2021

Sofia Giangregorio - Blackface

 

Oggi più che mai, il razzismo è una tematica estremamente discussa su telegiornali e social media: sono all’ordine del giorno storie di aggressioni, omicidi e ingiustizie mosse puramente dall’odio contro chi, se pur così superficialmente, è considerato diverso; al solo sentire di tali racconti, sembra quasi di catapultarsi in un’epoca lontana in cui le discriminazioni sovrastavano qualsiasi tipo di interazione sociale. Nonostante oggigiorno azioni del genere siano condannate sempre più aspramente, soprattutto grazie all’intervento dei giovani attivisti - che è giusto ricordare saranno gli adulti del domani - molti gesti a scopo denigratorio ritenuti minori, se messi a confronto con la violenza fisica, sono stati normalizzati nella società odierna al punto da essere continuamente riproposti come una rappresentazione veritiera dell’intera comunità nera: si parla di blackface, fenomeno che fin dal secolo scorso ha colpito anche il panorama artistico italiano. La blackface, per definizione, è una pratica che affonda le sue origini nell’America del diciannovesimo secolo, e consiste nel truccarsi in modo marcatamente non realistico per assumere le sembianze stereotipate e caricaturali di una persona nera, specialmente in ambito teatrale. Al tempo, attori bianchi in scena indossavano stracci, un trucco così pesante da cambiare loro i connotati, esageravano il tono della voce e limitavano la capacità di linguaggio, alimentando in questo modo la già diffusa idea che le persone nere fossero pigre, ignoranti, pavide e lussuriose. Naturalmente, spettacoli del genere (i cosiddetti minstrel shows, tra cui si ricorda il “Jim Crow” del performer Thomas Rice, 1828) divertivano il pubblico bianco, che era così in grado di rafforzare stereotipi già radicati nella società e riconfermare la superiorità razziale, lasciando da parte la sofferenza e il dolore che accompagnava, nel frattempo, la schiavitù. 

Sarebbero molti gli episodi di blackface nel territorio italiano da elencare, proprio perché questa forma di discriminazione viene spesso non considerata tale e sorvolata per noncuranza o semplice ignoranza in merito; un esempio lampante risale all’epoca coloniale fascista, per mano del vignettista Enrico de Seta, o, in tempi più recenti, nella trasmissione “Zelig”, a scopo comico, o ancora nel “Tale e Quale Show”, programma in onda su Rai 1 che ha visto in numerose occasioni concorrenti bianchi dipingersi tutto il corpo per interpretare icone del panorama musicale mondiale. Un gesto di questo tipo sarebbe al giorno d’oggi inconcepibile negli Stati Uniti, ma passa inosservato in Italia, e ciò non fa altro che evidenziare, ancora una volta, l’ignoranza che domina incontrastata sul nostro paese. 

La blackface si porta alle spalle un passato crudele e doloroso, ed è a tutti gli effetti un problema reale di cui non si parla abbastanza, che va necessariamente combattuto in nome della libertà e del rispetto.

Sofia Giangregorio


domenica 21 marzo 2021

Annamaria Vaiana - Una nuova strada: il “Noi”


Ad oggi di mafie e legalità non si parla spesso, eppure, 21 marzo è la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Nel 2018 ho letto due libri che mi hanno aperto gli occhi su questo argomento così ampio e storicamente complesso. La legalità del NOI e ALLE MAFIE DICIAMO Noi entrambi scritti da Gianni Bianco e Giuseppe Gatti (rispettivamente giornalista e sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari). Due libri sono encomiabili perché offrono un nuovo modo di pensare e soprattutto di parlare sull’argomento mafie-legalità. 

Responsabilità. Ecco il primo passo per comprendere la legalità del Noi. La responsabilità non è altro che l’impegno personale, sociale e civile di ciascuno di noi nei confronti della comunità. 

Aristotele definiva l’uomo come “animale politico”. Ciò che distingue l’uomo dagli alti animali è la sua necessità di vivere in una comunità regolata da leggi che fanno in modo che la libertà di ognuno non violi la libertà dell’altro. E se qualcuno non rispetta questa regola basilare di convivenza, è stesso la legge con l’odine giudiziario, a dare sanzioni. Questa è la forma migliore di convivenza civile. 

Ognuno di noi deve avere la responsabilità di compiere azioni che non rompano l'equilibrio di vita della comunità, formato da un sistema in cui la "legalità" è garantita.

Ma allora perché parliamo di legalità del Noi? Cosa cambia in questa visione della legalità?

Ogni singolo deve sentirsi parte del "NOI" sociale: solo se tutti gli "IO" camminano insieme la società diventa più forte. Il “NOI" non è “potente", ma ha la forza di generare progettualità, speranza e coraggio. In questo "NOI" ci siamo tutti: ecco perché parlo di responsabilità personale. 

La mafia non conosce la fiducia. La "legalità" dell'IO è "potente" perché basata sulla singola persona diffidente che tende a dividere. 

Quindi i nostri percorsi singoli e personali devono incontrarsi, devono fare rete, devono confluire in un grande progetto di comunità, devono generare insieme il "NOI". Il "NOI" non genera eroi solitari. Papa Francesco nella Gaudete et Exsultate di marzo 2018, infatti, ci richiama ad essere "eroi" quotidiani e a non averne paura. Il Papa ci dice che non è che la vita abbia una missione, ma che la vita stessa è missione. Si è "santi" o "eroi" vivendo ogni giorno con amore. Non è sano amare il silenzio ed evitare l'incontro con l'altro, conclude l'Esortazione papale. Le parole del Papa sono molto forti, soprattutto nell'epoca che noi ragazzi vivendo, che viene definita la "post-modernità" in cui si parla proprio del "crollo del NOI" in una società definita "liquida" in cui il "NOI" non cresce più perché abbiamo perso il senso della condivisione umana di valori e, quindi, di uno dei valori più importanti. 

Oggi Libera, nomi e numeri contro le mafie, si è assunta la responsabilità morale e sociale di portare il messaggio che tutte le vittime di mafia non hanno potuto portare a compimento. Oggi Libera, con questa responsabilità, commemora le vittime con tutti noi, perché è solo insieme che le mafie si possono annientare. 

Anche noi oggi commemoriamo Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano, due nostri conterranei che per il loro impegno sono stati uccisi. «Assessore regionale al lavoro della Campania per la Democrazia Cristiana, Delcogliano è uno degli astri nascenti della politica beneventana, già consigliere comunale del capoluogo sannita» si legge nel sito di “Libera”. Fu una giornata di grande silenzio e panico, a Benevento: l’isola felice era stata violata. I nostri genitori raccontano che per la prima volta anche a Benevento si sentì che il malaffare e la criminalità organizzata non risparmiano nessun territorio, nessuna persona, nessuna società civile che vogliano camminare su un percorso fatto di rispetto delle leggi e dello Stato.

Annamaria Vaiana


martedì 16 marzo 2021

Martina Pedicini - 15 marzo: giornata nazionale del fiocchetto lilla

 


In Italia sono 2 milioni le persone che soffrono di disturbi alimentari, di cui il 95,9% sono donne, 10 adolescenti su 100 (in una fascia d’età compresa tra i 15 e i 19 anni), con un incremento di casi pari a 8500 persone all’anno e circa 3360 decessi. 

Purtroppo sono ancora in molti a non prendere sul serio queste malattie, cosa che induce tantissime persone che ne soffrono a non chiedere aiuto, per paura di essere giudicate o non capite.

Per questo motivo è stata indetta la “Giornata nazionale del fiocchetto lilla”, il 15 marzo, per sensibilizzare su questi disturbi, affinché più persone possibili ne siano a conoscenza e ne comprendano la gravità. 

Non solo anoressia e bulimia, ma sono tanti i DCA (disturbi del comportamento alimentare) che purtroppo colpiscono un numero sempre maggiore di persone. 

L’anoressia nervosa è caratterizzata da una continua ricerca della magrezza (spesso provocata da motivi più profondi di quelli estetici, ma di natura psichiatrica e psicologica), dispercezione corporea, estrema restrizione calorica, che spesso può portare chi ne soffre al raggiungimento di un peso molto basso. 

La bulimia nervosa è caratterizzata da frequenti episodi di abbuffate, seguiti da “condotte di compenso”, come il vomito auto-indotto e l’utilizzo di lassativi. 

Il binge-eating (o disturbo da alimentazione incontrollata) consiste nel consumo frequente di grandi quantità di cibo e abbuffate, analoghe a quelle della bulimia, ma che non sono seguite da pratiche di compensazione. Circa la metà delle persone affette da disturbo da binge-eating soffre anche di depressione.

L’ortoressia è l’ossessione maniacale per i cibi sani, caratterizzata da una forte attenzione verso diete e cibi esistenti sul mercato. A differenza dell’anoressia, il soggetto ortoressico non si concentra tanto sul proprio aspetto, ma è ossessionato quasi esclusivamente dalla qualità del cibo. Spesso chi soffre di ortoressia non riesce ad avere rapporti equilibrati con l’esterno. 

La sindrome da alimentazione notturna è invece caratterizzata da episodi nei quali il soggetto si risveglia di notte per consumare grandi quantità di cibo, spesso rifiutato durante il resto del giorno. 

L’EDNOS (disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato) comprende situazione simili all’anoressia, alla bulimia o al binge-eating, racchiuse in un unico disturbo, non soddisfacendo nello specifico i criteri per diagnosticare le singole malattie. 

Questi sono solo alcuni dei tanti disturbi del comportamento alimentare purtroppo oggi esistenti. C’è da ricordare che non sono malattie fisiche, dunque non si basano sul peso di chi ne soffre o sull’aspetto fisico, ma sono disturbi psichiatrici. Quindi è importante capire che si può chiedere aiuto anche senza avere un indice di massa corporea estremamente basso, o senza essere in sottopeso. Dunque è bene affidarsi ad esperti psichiatri, neuropsichiatri, psicologi e nutrizionisti per affrontare queste malattie. 

Martina Pedicini


giovedì 11 marzo 2021

Giulia Caporaso, Giulia Mercurio, Emanuela Verdile - L' 8 marzo al Liceo Classico “Pietro Giannone”

 


La Giornata internazionale della donna cade l'8 marzo di ogni anno. Per celebrare questa ricorrenza, il nostro istituto ha organizzato un incontro tra le classi ginnasiali, durante il quale sono state toccate più tematiche. L’esigenza di istituire questa giornata nasce in seguito a varie tragedie durante le quali molte donne furono uccise, maltrattate e umiliate. Dopo anni di silenzio, queste ultime iniziarono a parlare in merito alla rivendicazione dei loro diritti e alla parità di genere, partecipando ad un movimento affermatosi durante l’Ottocento: il femminismo, che ha rivendicato e rivendica tutt'ora pari diritti e pari dignità tra entrambi i sessi, per far sì che le donne non siano più sottomesse o discriminate rispetto agli uomini. Nonostante ciò, le donne del passato hanno dovuto combattere duramente per i nostri attuali diritti, molti dei quali sono stati riconosciuti soltanto negli ultimi decenni. Attualmente, in alcuni paesi del mondo, i diritti delle donne non sono riconosciuti totalmente ed esse vengono ancora viste in modo diverso rispetto agli uomini. In questi paesi, fin dall'infanzia vengono private dai diritti come quello di andare a scuola e di avere un'istruzione. In tutto il mondo purtroppo sono ancora troppo frequenti atti violenti nei confronti delle donne: violenze sessuali, che fino al 1996 non erano considerate reati contro la persona, violenze fisiche, psicologiche e verbali; vengono maltrattate, ferite e uccise in nome di una mentalità patriarcale e maschilista. Queste violenze colpiscono donne di ogni età, dalle bambine alle ragazze, dalle donne adulte alle anziane. È anche giusto ricordare che in alcuni paesi esiste il cosiddetto fenomeno delle spose bambine: ogni anno nel mondo circa 12 milioni di bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro, costrette a subire violenze da parte di questi ultimi, private della loro libertà e della loro fanciullezza che viene interrotta precocemente. Molte cose sono cambiate ma al giorno d'oggi le donne continuano e continueranno a lottare in modo da ottenere i diritti che ancora non sono stati concessi. Come sosteneva Rita Levi Montalcini " Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società". 


Giulia Caporaso, Giulia Mercurio, Emanuela Verdile


GIORNATA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELLE DONNE

8 MARZO 2021

INCONTRO TRA GLI ALUNNI DELLE CLASSI GINNASIALI (h 9:00-11:00)


Saluti del Dirigente Prof. Luigi Mottola

Saluti delle rappresentanti di istituto Fabiana Maio e Francesca Giangregorio

Introduzione a cura della moderatrice Prof.ssa Annapina D’Agostino

Le tappe fondamentali della conquista dei diritti delle donne (V F)

Le donne nella storia (IV D)

La storia di un matrimonio combinato (IV B)

Il femminicidio (IV D)

La Medea di Christa Wolf (IV C)

La donna attraverso gli occhi di Madre Teresa di Calcutta (VF)

La donna secondo Alda Merini (IV B)

Oltre l’uguaglianza. Testi e riflessioni (VB)

Tre donne a confronto: Saffo, Merini e Madre Teresa di Calcutta (VC)

Monologo di Paola Cortellesi sulle donne (VD)


mercoledì 10 marzo 2021

Alessia De Nigris - La pandemia che ha zittito le esultanze


La pandemia di covid-19 ha sicuramente stravolto le nostre abitudini: noi ragazzi ci siamo ritrovati catapultati in una dimensione solitaria e angosciante, scandita da impegni quasi esclusivamente telematici ma comunque sempre banali. Ovviamente, lo sport non ha più alcuno spazio in questo tipo di quotidianità, limitata a pochissimi contatti, distanziati e circoscritti.  Un mondo che fino all’ anno scorso era il più dinamico che potessimo immaginare è ora, incredibilmente, fermo e con lui tutti gli allenamenti, i tornei e le competizioni che animavano le giornate di chi viveva di sport.  Nonostante alcune società abbiano ripreso vari allenamenti, almeno per le squadre giovanili, le regole di distanziamento li privano di ogni forma di divertimento e, soprattutto, impediscono la corretta pratica di specifici esercizi. Il suggerimento più “popolare” è quello di sostituire gli allenamenti con esercizi in casa che ne simulino i fondamentali ma è intuitivo capire come uno slalom tra fila di ciabatte in soggiorno non abbia nulla a che vedere con un allenamento all’ aria aperta con i compagni di squadra di sempre. Proprio l’assenza di questi ultimi, ci fa realizzare quanto fosse importante lo spirito di squadra e quanto ci manchi semplicemente battere il cinque ad un nostro compagno o ridere insieme nello spogliatoio. Questa esperienza ci ha fatto riflettere anche sulla competizione, il motore di ogni incontro sportivo, dal farsi mancare il respiro per guadagnare un singolo punto ai semplici insulti sottovoce agli avversari. Per questo, dover guardare le partite di categorie più alte dal divano di casa, provoca ancora più invidia e accende una grande rabbia, determinata dal fatto che sembra che le loro possibilità di contagio siano inversamente proporzionali alla quantità di denaro mossa dai grandi campionati. 

Nonostante il mondo ci stia dicendo di fare il contrario, noi continuiamo a sperare che un giorno potremo tornare ad abbracciarci tutti insieme dopo un punto o una bella azione e ad esultare facendoci sentire anche fuori dal palazzetto.

Alessia De Nigris



martedì 9 marzo 2021

Sofia Stefanelli - Questa pandemia...


Questo tempo di pandemia che sta coinvolgendo tutti è certamente molto faticoso ed è ormai un anno che siamo afflitti da questo male. Per noi ragazzi, che per la nostra età abbiamo il desiderio ma anche il bisogno di stare insieme e di condividere, questa vita in lockdown è davvero molto limitante e procura tristezza. L’impossibilità di andare a scuola riduce molto il nostro diritto allo studio e la didattica a distanza ha i suoi limiti: difficoltà di connessione e quindi di buona comunicazione tra studenti e insegnanti. 
Non essere fisicamente in classe fa sentire l’alunno più solo, svogliato con maggiore difficoltà nel concentrarsi. Andare a scuola, inoltre, per ogni adolescente non è solo andare a studiare, a costruire il proprio futuro, ma anche gioire del proprio presente: mi manca incontrare i miei compagni fuori dalla scuola, prima delle lezioni; poter fare merenda e quattro risate nel cortile. 
 Anche le giornate appaiono molte lunghe e noiose, senza la possibilità di distrarsi praticando lo sport preferito. Più volte ho sentito dire che da questa pandemia dobbiamo riflettendo uscirne tutti cambiati, magari migliori. Ho fiducia che questo accadrà, anzi è già accaduto... noi ragazzi sappiamo essere creativi come quando, tornati a scuola, i miei compagni di classe mi hanno fatto trovare un dolcetto con una candelina sul mio banco nel giorno del mio compleanno: certo tutto rigorosamente a distanza, ma questo per me è stato il segno che nessuno vuole rinunciare a manifestare l’affetto, a dire il proprio “ti voglio bene”. 
 Io ho cercato di trasformare quello che ora è negativo in qualcosa che potrebbe essere positivo nel futuro: utilizzare la mascherina, che può essere considerata una cosa negative perché bisogna difendersi da un pericolo, può diventare un segno che ci ricorda la fragilità di tutti gli esseri umani. Poiché tutti dobbiamo usare la mascherina questo può essere per noi un invito ad uscire dal proprio egoismo e iniziare a pensare ad un mondo più solidale e fraterno, attento al prossimo. In particolare, nel futuro spero che ci sia una maggiore attenzione verso i più deboli, che non siano da considerare un peso, ma un’opportunità di amore. Questa pandemia ci ha mostrato tante persone morte sole e talvolta senza una degna sepoltura. Nel futuro che io voglio spero, invece, ci sia un ritorno al passato dove la sepoltura era considerata doverosa, una forma di pietà che dava al defunto la pace e il rispetto. Spero che la vita venga considerata un dono prezioso. Spero si dia più spazio alla ricerca medica e alle cure sanitarie per tutti. Spero che in particolare noi ragazzi possiamo non vedere più lo studio solo come un obbligo e una pagella di voti, ma come un mezzo importante per crescere liberi e le opportunità di scegliere ed agire nella nostra vita. Spero che il fine di tutti sia il bene comune e la condivisione. Spero che usando questa mascherina impariamo a guardarci negli occhi, a dare maggiore importanza alle relazioni umane senza dimenticare che quando si sorride anche gli occhi lo fanno. 

Sofia Stefanelli 

Perché celebrare l'8 marzo a scuola

 

Abbiamo deciso di non far passare inosservata l'8 marzo, la Giornata internazionale dei diritti della donna, per motivi ben precisi che speriamo possano essere condivisi da tutti. L'importanza della giornata, secondo noi, è proprio quella di essere un continuo monito a non dare per scontato quelli che ci sembrano ovvietà come i diritti che hanno le donne oggi, e a ricordare che si tratta piuttosto di conquiste ottenute con lotte e sacrifici.

Sappiamo che Italia le donne hanno potuto votare soltanto nel 1946, e hanno ottenuto pari diritti davanti alla legge nel 1948.

Ma hanno continuato a lottare, fino ad arrivare agli anni più difficili, gli anni '70, in cui le donne hanno finalmente visto quei diritti che ancora oggi non andrebbero dati per scontati, come il diritto di utilizzare il proprio cognome, sull'aborto o sul divorzio.

Fino al 1996 la violenza sessuale era considerato reato morale e non reato contro la persona, e fino al 2009 non esisteva il reato di stalking.

Ma sono ancora tante le conquiste che le donne devono fare, e non dobbiamo dimenticare i paesi, non poi così tanto lontani dal nostro, in cui l'uguaglianza fra uomo e donna non esiste, e alle ragazze come noi è vietato lavorare, uscire senza essere accompagnate da un uomo, praticare sport, andare in bicicletta, né tanto meno studiare o avere un'istruzione.

In sostanza, quindi, il tema dei diritti delle donne è complesso, e va ricordato e celebrato, e soprattutto è importante che sia chiaro che la donna è una persona. Né un essere inferiore né tantomeno superiore. La parola d'ordine è uguaglianza fra i generi, nel lavoro, in famiglia, e nella società. Una società che, purtroppo, subisce ancora l'influenza di una mentalità patriarcale, nel modo di pensare, di agire, o di parlare.

Nel mondo in cui viviamo, in cui il progresso sembra aver sostituito le vecchie abitudini e tradizioni, infatti, sono tanti i sintomi di una realtà in cui le donne non hanno effettivamente una parità di diritti. Ce ne accorgiamo perché non vengono offerti ad uomini e donne le stesse paghe, lo stesso trattamento, le stesse opportunità. Nel mondo del lavoro le donne non sono uguali agli uomini, e questo parte da quello che è l'immaginario comune di ognuno di noi, cioè quello di una donna che deve avere un certo ruolo all'interno della famiglia op della società, quindi subalterno all'uomo, o che una donna che non sia madre, o moglie, perda validità agli occhi di tutti.

Speriamo che questa giornata sia quindi una celebrazione di tutte le donne, no come inferiori, né superiori all'uomo, ma uguali, delle loro conquiste, e delle tante che vanno ancora fatte.

Le differenze vanno quindi fatte nel piccolo di ognuno di noi, così da poter poi diventare grandi cambiamenti che rimarranno nella storia, e l'augurio è che noi, una generazione nuova, possa fare tanto per cambiare le cose.

Oggi, quindi, partiamo da qualcosa di piccolo, e tutti noi proporremo letture, osservazioni, filmati che speriamo facciano riflettere e stimolino il bisogno di cambiamento.

Paolo Chica
Mario De Luca
Francesca Giangregorio
Fabiana Maio

Rita Macolino e Maria Adelaide Mancini - Il Giannone e la pandemia

 


Cari lettori, oggi vi confideremo cosa abbiamo provato ad entrare a far parte della grande, imponente e a volte terrificante istituzione del Liceo Classico Pietro Giannone. Non vi nasconderemo che, essendo molto interessate fin da piccole alle discipline letterarie e avendo la passione della scrittura, la nostra scelta non è mai stata un segreto; ma, fantasticare sul momento in cui avremo varcato la soglia del maestoso portone come studentesse ogni volta che ci passavamo davanti, e farlo nella realtà sono due cose ben distinte. 

La prima tappa in assoluto è stata quella dell’open-day. Non ci vergogniamo nell’affermare di aver girato tutta la scuola per ben tre volte di fila, restando affascinate dalle varie aule, dalla palestra e dal cortile centrale e  rimanendo rapite perfino dalle rare scritte sui banchi o sulle porte e dalle storie dietro di esse. Ciò che più ci ha colpito però sono stati i ragazzi e le ragazze impegnati nel presentarci vari progetti di inglese, storia, fisica e molto altro; non tanto per le materie, nulla togliendo ai loro splendidi lavori, ma soprattutto per l’ambiente e il rapporto sereno e affettuoso tra tutti, perfino tra alunni e docenti: le risate, le battute e gli sguardi complici di chi ne ha passate tante insieme. Tutto questo ci ha spinto a desiderare sempre  più di entrare a far parte di questa grande famiglia a cui ora siamo fiere di appartenere. Già sei mesi sono passati, o per meglio dire volati, e non possiamo dire che la nostra sia una scuola facile o leggera, assolutamente no:  è una scuola che spinge, quasi  costringe, ad impegnarsi e a dare il meglio di sé, senza riserve, nello studio come nei rapporti interpersonali. Una scuola che  insegna come affrontare la vita nel modo giusto e come rialzarsi dopo una caduta. Abbiamo avuto modo anche di partecipare a numerose attività alternative, quali l’attività del Clio, quelle dei vari indirizzi o le giornate di cogestione, che aiutano a divertirsi un po’ in maniera più leggera e a conoscersi meglio. Quindi non vi preoccupate, e se state pensando di voler frequentare anche voi il liceo classico, non fatevi fermare da qualche amico o parente che sostiene sia troppo impegnativo, perché sì, un po’ lo è, ma ne vale la pena. Infine è anche un modo per coltivare le vostre vere passioni e farlo nel migliore dei modi, crescendo fisicamente e mentalmente in quella che durante l’adolescenza sarà come una seconda casa, che non potrebbe essere più accogliente. 

Non vi nasconderemo, tuttavia, che l’entrata in questa nuova grande famiglia non ha avuto nulla di simile a come l’avevamo immaginata.

Siamo tutti consapevoli del fatto che il periodo che stiamo vivendo è tutto tranne che facile.

Vivere durante una pandemia mondiale è sicuramente tra le ultime cose che potrebbero essere presenti nella fantasia di due ragazzine adolescenti come noi, chi si sarebbe mai immaginato una situazione del genere?

Le nostre vite, le nostre amicizie, le nostre storie ed i nostri desideri sono cambiati con una velocità esasperante: la spensieratezza delle uscite con gli amici, i pomeriggi passati a parlare, scherzare e ridere insieme, sono diventati dei ricordi pieni di nostalgia.

I sorrisi che eravamo pronti ad accogliere sui nostri volti e ad ammirare sulle labbra degli altri sono stati brutalmente nascosti dalle mascherine; il contatto umano, che era sempre presente e necessario nelle nostre vite , ci è stato negato per un bene maggiore.     

Noi ragazzi eravamo abituati a dimostrarci affetto attraverso i gesti: quante volte è bastato un semplice abbraccio per confortare un amico, una stretta di mano per stabilire un legame o un bacio per esprimere un sentimento? Abbiamo dovuto rinunciare a tutti i piccoli gesti che caratterizzavano il nostro stare insieme ed è stato difficile per ognuno di noi.

Per noi realizzare un cambiamento importante, come entrare per la prima volta nel liceo, in queste condizioni non è stato per niente facile: avevamo immaginato il modo perfetto per trovare dei banchi vicini nella posizione giusta, avevamo fantasticato sulle nuove amicizie o sui volti e sui caratteri dei nostri nuovi compagni e non vedevamo l’ora  in cui avremmo potuto finalmente iniziare questa nuova avventura… poi i nostri piani sono stati inaspettatamente stravolti ed abbiamo passato gli ultimi mesi senza capire cosa stesse succedendo, senza avere il tempo ed i mezzi per prepararci a tutte le restrizioni a cui siamo andati incontro. 

Questa pandemia non è ancora finita, i cambiamenti a cui la nostra vita è stata soggetta non sono svaniti, siamo ancora qui spaventati da un virus che non ci permette di essere liberi.

Noi, però, vogliamo vincere. Vogliamo poter ricominciare a guardarci senza l’ostacolo della mascherina, vogliamo poterci abbracciare senza avere paura, vogliamo andare a scuola, fare amicizia…vogliamo vivere.

Ma, per vincere, bisogna combattere.

Aiutiamoci, facciamoci coraggio l’un l’altro.

Anche questo periodo ci ha insegnato tanto: ora diamo più importanza alle piccole cose. Abbiamo imparato ad abbracciarci con lo sguardo e a sorridere con gli occhi.

Siamo più uniti perché, forse, abbiamo capito di non poter pensare solo a noi stessi, siamo tutti essere umani, pezzi di un unico puzzle: da soli siamo deboli ed indifesi ma se ci uniamo, possiamo sconfiggere anche questo enorme mostro che è entrato a far parte delle nostre vite da ormai troppo tempo. 

In conclusione questa scuola ci ha conquistate prima che noi ci entrassimo, ma ora che ne facciamo parte vorremmo tanto poterla vivere davvero, non solo attraverso uno schermo.  

Rita Macolino e Maria Adelaide Mancini 


lunedì 8 marzo 2021

Adriana Franzese - Scarpe rosse

 


Oggi ho camminato molto


Sento le scarpe polverizzarsi al mio tocco

che si fa passo passo più incerto


ho bisogno di scarpe nuove


sono tutte consunte 

graffiate 

per poco non inciampo ad ogni passo 


ma sono le scarpe di un ladro,

quelle che un ladro vorrebbe avere

che sembrano immuni alla forza di gravità 


pari al velluto le sento risuonare nel nulla


ho camminato tanto

che le mie scarpe potrebbero parlare

di tutte le cose che hanno visto

di tutti i sassolini che hanno schiacciato con sussulti

e griderebbero di dolore ad ogni passo


attirano gli sguardi della gente

vengono pesantemente schiacciate da mocassini neri tirati a lucido senza neanche un graffio


portano le cicatrici del mondo

e le colpe di chi lo cammina


sanno le storie delle strade

i segreti della vita


sanno da dove vengono e dove andranno

 esploratrici di un mondo che hanno già visto

libri che sanno camminare e che nessuno sa leggere


geni incompresi queste scarpe

che lontano mi hanno portato


la passione dona loro il colore,

mi hanno visto amare e rincorrere i miei amati

mi hanno vista ridere e ballare senza un domani

mi hanno vista piangere e soffrire e non hanno saputo correre abbastanza



Nella vita si sente spesso parlare del destino

se-una-cosa-è,-così-deve-essere

il fatto che ogni nostra azione è destinata ad una conclusione e quella conclusione è destinata a sua volta ad evolversi

in un ciclo infinito 

nel quale noi siamo messi da parte

a guardare

come le mie scarpe


a volte maledico il destino

lo interrogo

lo supplico 


dimmi perché 


ogni mio gesto

ogni mia parola

sbagli scelte e passi


possibile che tutto questo mi abbia portato a questo preciso momento


è questo che volevi?

umiliarmi

spogliarmi di tutto

dei vestiti e della dignità 


e penso che resterò qui

con queste mani addosso

che lasciano rosse cicatrici


ustionano ogni frammento di pelle

che vigorosamente ti occupi a scoprire


lacerano i tessuti


tirano i miei capelli


se ti potessi guardare negli occhi avrebbero il colore dell’amore

e tu saresti così bello

e mi verresti a salvare


oh potrebbe essere così facile l’amore

perché afferrarlo

trattenerlo con gli artigli

e rinchiuderlo 


il rosso dell’amore è un colore forte

anche se non è definito 

e con gli artigli

in una frazione di secondo

il tempo di un impercettibile taglio 

diventa il rosso dell’odio


e ci vuole ancor meno


a diventare il rosso del sangue


ma lo vedo brillare nei tuoi occhi

e mi sento un vampiro al solo pensiero

solo che è difficile cogliere la precisa sfumatura in essi


e ora che avverto gli artigli sul mio petto 

mi spengo e la mia immortalità mi ride in faccia

insieme al destino


e io aspetto


il principe azzurro dagli occhi rossi

che non si vedono dalle foto


ma dimmi

come faccio a guardarti negli occhi

se l’ultima cosa che vedo sono le mie scarpe


Adriana Franzese


Erica Checola e Serena Marca - Le regnanti donne

 





Camilla Siciliano e Miriam Viscione - Giornata internazionale delle Donne


L’8 marzo una giornata importante, una ricorrenza nata per ricordare lotte sociali e politiche affinché le donne ottenessero i loro diritti e la loro voce venisse ascoltata. Sì, perché se oggi tutte le ragazze possono indossare i pantaloni, andare a scuola, votare lavorare ed essere indipendenti è proprio grazie alle ribellioni che le donne in passato hanno portato avanti per spezzare i modelli sociali e culturali in cui non si riconoscevano.

In molti pensano che la Giornata Internazionale della Donna sia nata in memoria delle operaie morte nel rogo di una fabbrica di New York. In realtà la storia di questa festa è molto più complessa.

La Giornata Internazionale della Donna nacque infatti ufficialmente negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909. A istituirla fu il Partito Socialista americano, che in quella data organizzò una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Il tema era già stato a lungo discusso negli anni precedenti sia negli Usa (celebri sono gli articoli della socialista Corinne Brown) sia dai delegati nel VII Congresso dell'Internazionale socialista (tenutosi a Stoccarda nel 1907).

Le manifestazioni per il suffragio universale si unirono presto ad altre rivendicazioni dei diritti femminili. Tra il novembre 1908 e il febbraio 1909 migliaia di operaie di New York scioperarono per giorni e giorni per chiedere un aumento del salario e un miglioramento delle condizioni di lavoro. Nel 1910 l'VIII Congresso Internazionale socialista propose per la prima volta di istituire una giornata dedicata alle donne.

La data dell'8 marzo entrò per la prima volta nella storia della Festa della Donna nel 1917, quando in quel giorno le donne di San Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra, dando così vita alla «rivoluzione russa di febbraio». Fu questo evento a cui si ispirarono le delegate della Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca quando scelsero l'8 marzo come data in cui istituire la Giornata Internazionale dell'Operaia.

In Italia la Festa della Donna iniziò a essere celebrata nel 1922 con la stessa connotazione politica e di rivendicazione sociale. L'iniziativa prese forza nel 1945, quando l'Unione Donne in Italia, celebrò la Giornata della Donna nelle zone dell'Italia già liberate dal fascismo. L'8 marzo del 1946, per la prima volta, tutta l'Italia ha ricordato la Festa della Donna con la scelta della mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, come simbolo della ricorrenza. Negli anni successivi questa giornata è diventata occasione e momento simbolico di rivendicazione dei diritti femminili (dal divorzio alla contraccezione fino alla legalizzazione dell'aborto) e di difesa delle conquiste delle donne.

Noi donne prima di avere voce in capitolo abbiamo dovuto lottare e soffrire. Proprio per questo oggi vogliamo ricordarle così:

Voi, fanciulle bramose di vivere tra sogni e virtù, desiderose di quell’amore fiabesco, libero e puro, sovente col viso bagnato da lacrime amare poiché il mondo, nonostante senziente, si finge sordo e, distratto, non ode il vostro grido d’aiuto! Impavide Guerriere, troppo spesso svilite e denigrate, malgrado il dominio, continuate a risorgere perché immenso è il vostro potere e, ancor di più, l’orgoglio di essere Donna!

Quando hai provato a spezzarle le ali, la Donna ha spiccato il volo. Quando l’hai picchiata, si è curata le ferite. Quando le hai tappato la bocca, la Donna ha urlato. Quando l’hai calpestata, si è rialzata. Quando l’hai braccata, la Donna si è liberata. Da quando le hai dichiarato guerra, ella ha combattuto. Grazie a queste lotte, al suo forte coraggio e alla sua determinazione la Donna è riuscita a prendersi parte di ciò che le spettava, quanto per secoli e secoli le era stato fortemente negato. La Donna, infatti, è stata spesso oggetto di emarginazione e diseguaglianza, ritenuta una componente minore del patriarcato che ha caratterizzato la nostra società fin dalle origini. Ad oggi, all’interno di una realtà complessa ed introspettiva quale quella attuale, ella può e deve godere di tutti i diritti e le opportunità che ha sempre dimostrato di meritare! In questa lotta assume un ruolo importante il femminismo, movimento sociale e culturale che promuove un’ideologica giustizia e parità di genere. In Paesi come India, Africa, Afghanistan, la condizione della Donna non ha subito la benché minima evoluzione. Qui, come in molti altri Paesi, esse vengono ancora maltrattate, violentate, ripudiate, violate nel loro più intimo essere. Il numeri di stupri, di donne vendute, di spose bambine, di violenze e femminicidi aumenta in tutto il mondo a ritmi vertiginosi ….

E’ ancora lunga, pertanto,  la strada dell’uguaglianza e della parità. Tante lotte, ancora, dovranno essere combattute e tante Donne, ancora, purtroppo, dovranno soccombere....

A noi, quindi, nuove generazioni, l’arduo compito di individuare percorsi e strumenti che permettano il raggiungimento di questi obiettivi, perché le Donne sono un dono, sono il più importante dei tesori che Dio ha donato all’uomo affinché, entrambi, potessero supportarsi e completarsi senza prevalenza alcuna. 

Camilla Siciliano e Miriam Viscione


Martina Pedicini - Otto marzo, momento di riflessione e solidarietà

Tra mimose a non finire, l’otto marzo, come ben sappiamo, è la giornata della donna, “ricorrenza” amata da tanti ma allo stesso tempo molto discussa. Infatti, diciamocelo chiaramente, non sarà certo l’otto marzo a risolvere l’annosa questione della parità tra i sessi, ad esempio ponendo fine alla tradizione del patriarcato, ancora ostinatamente radicata ed osservata in diverse aree del mondo, oppure ancora al triste bilancio di femminicidi, un fenomeno che, purtroppo con cadenza regolare, funesta le pagine di cronaca nera dei quotidiani. La condizione attuale della donna risulta essere, nonostante i lunghi anni di lotta per la parità e le conquiste innegabili, ancora piuttosto lontana dalla piena realizzazione di questo obiettivo. Anche in un Paese moderno come l’Italia, permangono convinzioni e remore che finiscono per relegare le donne ad una funzione marginale. Ad esempio in politica. Attualmente alle donne è precluso l’accesso a ruoli di rilievo  istituzionale  come la Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, conformemente ad una tradizione, oramai secolare,  viene affidata ad uomini. I Governi che si sono avvicendati nella storia d’Italia sono tutti accumunati  da una caratteristica abbastanza evidente per quanto riguarda la loro composizione interna: le donne, per consuetudine, risultano sempre numericamente inferiori agli uomini  nel ricoprire i vari incarichi ministeriali, ciò nonostante l’introduzione delle “quote rosa”. La presidenza della Corte Costituzionale, così come la direzione nazionale dei principali partiti politici, fatta qualche eccezione, rimangono prerogative maschili. In alcune professioni altamente specialistiche le donne fanno ancora fatica ad imporsi a dispetto della preparazione e delle competenze dimostrate.  Pensiamo alla diffidenza diffusa che circonda chirurghe o pilote di aerei. Purtroppo i pregiudizi ed i luoghi comuni sono ancora tanti: le giovani donne sono costrette a rinunciare alle loro aspettative lavorative e professionali nonostante gli anni di studio e di formazione, trovandosi spesso nella difficile condizione di scegliere tra la carriera e la famiglia. Il risultato è che molte di loro rinunciano alla maternità  per la carriera, o rinunciano al lavoro per potersi dedicare alla famiglia, non essendo tutelate nella loro duplice funzione di madre e lavoratrice. Molte donne inoltre vivono nell’indifferenza e nella solitudine sociale il dramma della violenza domestica. Il femminicidio non indica l’uccisione in se’ di una donna, ma le cause di natura maschilista e di matrice patriarcale che portano ad un simile atto. Una donna uccisa durante una rapina in banca non è vittima di femminicidio, ma una donna torturata psicologicamente e fisicamente, per poi essere privata della propria vita da un compagno, marito o fidanzato, ad esempio per gelosia, allora sì. Gli stereotipi che impediscono alle donne di affermarsi nel loro valore assoluto e non in base ad una scala di valori stabilita e decisa dagli uomini, purtroppo non svaniscono nel giorno in cui si festeggia la donna, l’8 marzo.  

La strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa ed oggi più che mai la festa della donna deve essere un momento di riflessione e di solidarietà, fare un bilancio dei risultati raggiunti, ma al tempo stesso stabilire nuovi traguardi con la consapevolezza che in molte situazioni vi sono donne che soffrono ancora perché private di ogni forma di libertà e dignità.


Martina Pedicini

domenica 7 marzo 2021

Francesca Pucillo - Come facciamo a riconoscere una fake news?


Nell’ultimo periodo, abbiamo sentito spesso il termine fake news. Cosa sono le fake news? Letteralmente: notizie false, sono informazioni fasulle che vengono pubblicate su vari siti o sui social, le quali hanno come scopo quello di attirare l’attenzione, principalmente politica, di molti lettori, per scopi differenti. Detto ciò, è errato pensare che siano nate nell’ultimo periodo, perché abbiamo alcuni esempi di fake news che risalgono anche a centinaia di anni fa, come la falsa sconfitta e morte del generale francese Napoleone Bonaparte, nel 1814, resa nota da un uomo travestito da ufficiale, il quale si era infiltrato in una locanda nel Regno Unito. Esse, dunque, sono sempre state una grande piaga sociale, che ha fatto in modo che centinaia di persone credessero all’esistenza di eventi mai avvenuti. 

Tutt’oggi, il numero di “bufale” che girano, principalmente in internet e che possono influenzare il pensiero di migliaia di persone, è considerevole, basti pensare a tutte le falsità riguardo al coronavirus e ad altre sempre di natura scientifica o politica, come false dichiarazioni ed iniziative di importanti esponenti politici, al fine, molte volte, di denigrare questi ultimi. Riguardo a questo argomento, sono stati svolti svariati studi: ne è una prova l’articolo sul “The Washington Post” della giornalista americana Margareth Sullivan, che fornisce una vera e propria guida per riconoscere queste notizie fasulle. Prima di tutto, si deve considerare la veridicità della fonte e confrontare le varie versioni dello stesso argomento, ovviamente sarà molto più veritiera un’informazione fornita da un giornale come “Il Corriere Della Sera” che da un sito sconosciuto. Successivamente, si analizza il titolo dell’articolo, per essere certi che non ingrandisca in maniera negativa l’argomento di cui si parla, per attirare il più possibile l’attenzione dei lettori, e, dopo di ciò, è importante anche controllare il nome di colui che ha scritto, anche perché potremmo imbatterci in nomi inventati oppure essi potrebbero essere omessi. Infine, per accertarsi dell’autenticità di ciò che leggiamo, è fondamentale informarsi moltissimo, utilizzando fonti chiare e sicure, come siti certificati e libri, con i quali potremo sviluppare uno spirito critico, che ci permetterà di avere un atteggiamento scettico, tramite il quale saremo capaci di credere o meno alle voci.

Francesca Pucillo

giovedì 4 marzo 2021

Martina Pedicini - Olimpiadi Tokyo 2021 anche con il Covid


I Giochi Olimpici di Tokyo  (trentunesima edizione rimandata a quest’anno) in programma dal 23 luglio all’8 agosto 2021 si faranno, indipendentemente dalla situazione Covid nel mondo. A confermarlo è stato il presidente del comitato organizzatore di "Tokyo 2020", Yoshiro Mori, attualmente dimesso a seguito di commenti sessisti.

Il governo giapponese ed i membri del  Cio stanno infatti lavorando affinché l’evento si possa svolgere in totale sicurezza.

Ancora non è confermata la presenza del pubblico; questi potranno essere infatti i primi giochi senza spettatori.

Inoltre i Comitati olimpici nazionali dovranno imporre una rigida organizzazione negli arrivi e nelle partenze dal villaggio olimpico, limitando gli spostamenti.

Sono state stabilite anche diverse “regole” affinché la presenza di migliaia di persone tra staff, atleti e addetti ai lavori, non aggravi la situazione Covid. Sarà consentito applaudire, ma non cantare e fare cori. Naturalmente vietati contatti fisici, abbracci e strette di mano. Sono fortemente sconsigliati l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico e frequentazione di spazi pubblici.

C’è comunque una grande speranza da parte degli atleti, anche italiani, nel vaccino. Ad esempio l’olimpionico del nuoto azzurro Gregorio Paltrinieri è completamente a favore del vaccino anti Covid, cosa che renderebbe i giochi più sicuri e permetterebbe anche la partecipazione del pubblico.

Attualmente però non si parla ancora di vaccino per gli atleti: tocca prima al personale sanitario, medici e popolazione più a rischio. Gli atleti saranno comunque testati ogni 4 giorni durante le Olimpiadi.

Lo scorso anno purtroppo molti atleti hanno rinunciato al proprio sogno a causa della Pandemia. Si può sperare soltanto che quest’anno la situazione Covid non renderà le Olimpiadi troppo diverse e che, tutti coloro che vi parteciperanno, potranno vivere quello che hanno sempre desiderato. Queste Olimpiadi saranno però sicuramente un modo per restare uniti anche durante questa situazione, approfittando della bellezza dello sport.