lunedì 8 marzo 2021

Martina Pedicini - Otto marzo, momento di riflessione e solidarietà

Tra mimose a non finire, l’otto marzo, come ben sappiamo, è la giornata della donna, “ricorrenza” amata da tanti ma allo stesso tempo molto discussa. Infatti, diciamocelo chiaramente, non sarà certo l’otto marzo a risolvere l’annosa questione della parità tra i sessi, ad esempio ponendo fine alla tradizione del patriarcato, ancora ostinatamente radicata ed osservata in diverse aree del mondo, oppure ancora al triste bilancio di femminicidi, un fenomeno che, purtroppo con cadenza regolare, funesta le pagine di cronaca nera dei quotidiani. La condizione attuale della donna risulta essere, nonostante i lunghi anni di lotta per la parità e le conquiste innegabili, ancora piuttosto lontana dalla piena realizzazione di questo obiettivo. Anche in un Paese moderno come l’Italia, permangono convinzioni e remore che finiscono per relegare le donne ad una funzione marginale. Ad esempio in politica. Attualmente alle donne è precluso l’accesso a ruoli di rilievo  istituzionale  come la Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, conformemente ad una tradizione, oramai secolare,  viene affidata ad uomini. I Governi che si sono avvicendati nella storia d’Italia sono tutti accumunati  da una caratteristica abbastanza evidente per quanto riguarda la loro composizione interna: le donne, per consuetudine, risultano sempre numericamente inferiori agli uomini  nel ricoprire i vari incarichi ministeriali, ciò nonostante l’introduzione delle “quote rosa”. La presidenza della Corte Costituzionale, così come la direzione nazionale dei principali partiti politici, fatta qualche eccezione, rimangono prerogative maschili. In alcune professioni altamente specialistiche le donne fanno ancora fatica ad imporsi a dispetto della preparazione e delle competenze dimostrate.  Pensiamo alla diffidenza diffusa che circonda chirurghe o pilote di aerei. Purtroppo i pregiudizi ed i luoghi comuni sono ancora tanti: le giovani donne sono costrette a rinunciare alle loro aspettative lavorative e professionali nonostante gli anni di studio e di formazione, trovandosi spesso nella difficile condizione di scegliere tra la carriera e la famiglia. Il risultato è che molte di loro rinunciano alla maternità  per la carriera, o rinunciano al lavoro per potersi dedicare alla famiglia, non essendo tutelate nella loro duplice funzione di madre e lavoratrice. Molte donne inoltre vivono nell’indifferenza e nella solitudine sociale il dramma della violenza domestica. Il femminicidio non indica l’uccisione in se’ di una donna, ma le cause di natura maschilista e di matrice patriarcale che portano ad un simile atto. Una donna uccisa durante una rapina in banca non è vittima di femminicidio, ma una donna torturata psicologicamente e fisicamente, per poi essere privata della propria vita da un compagno, marito o fidanzato, ad esempio per gelosia, allora sì. Gli stereotipi che impediscono alle donne di affermarsi nel loro valore assoluto e non in base ad una scala di valori stabilita e decisa dagli uomini, purtroppo non svaniscono nel giorno in cui si festeggia la donna, l’8 marzo.  

La strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa ed oggi più che mai la festa della donna deve essere un momento di riflessione e di solidarietà, fare un bilancio dei risultati raggiunti, ma al tempo stesso stabilire nuovi traguardi con la consapevolezza che in molte situazioni vi sono donne che soffrono ancora perché private di ogni forma di libertà e dignità.


Martina Pedicini

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