martedì 17 marzo 2020

Mariagrazia Casillo - Tra crisi e cambiamento


Forse è vero che all’umanità servono sempre le tragedie per rendersi conto che è necessario un cambiamento. “Cambiamento”, ci avete mai pensato? La radice greca, χρίον, è la stessa della parola “crisi”. Ed ecco trovato il bando della matassa.
Ci sono volute le inondazioni del Nilo per inventare gli argini, i problemi del baratto per creare le monete, le guerre per costruire armi e mura, le epidemia di massa per scoprire i vaccini.
Crisi e Cambiamento, sempre proceduti di pari passo, accompagnando la storia umana per millenni.
Ora, nel 2020, ci è voluto un virus per farci scoprire l’importanza dei rapporti umani.
Per molte persone, probabilmente, non è mai stato un problema rimanere all’interno delle proprie abitazioni, senza il desiderio di uscire, ma sfido chiunque, in una situazione in cui non è il desiderio personale, ma un regolamento esterno, a tenerlo dentro casa, a non sentirsi un topo in trappola.
E così ora sentiamo la mancanza di un contatto e cominciamo a sentire i primi rimorsi. I nonni che stanno a 3 km da noi ma che non andiamo a trovare quasi mai. Gli amici a cui promettiamo sempre di uscire ma non lo facciamo. Quel caffè che dovevamo prendere con quel ragazzo così carino al quale abbiamo dato buca perché ci sentivamo insicure. Persino i professori, quelli che, la mattina a scuola, preghi fino all’ultimo che non vengano per via di un impegno.
Perché gli uomini capiscono il valore delle cose quando esse gli vengono tolte. Rivendichiamo la libertà quando diventiamo prigionieri, sentiamo la mancanza di contatto quando non possiamo più riceverne.
Allora forse le tragedie servono davvero.
Allora, forse, dopo tutto questo, cambieremo finalmente. Cominceremo ad apprezzare le piccole cose, i piccoli gesti, gli sguardi, i sorrisi, le risate in compagnia, le cose che sembrano far parte della “quotidianità” ma che in realtà cambiano tutti i giorni.
Chissà se questa sarà la volta buona che gli uomini impareranno la lezione o se sarà ancora una volta una semplice resipiscenza momentanea nell’infinito errare umano.

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