martedì 10 marzo 2020

Giulio Miele - Distruggere, ricostruire


Di solito i bambini non prediligono la luce al buio per criteri matematici o gusti personali. I bambini sanno che nella luce ogni cosa è chiaramente distinta, reale. Quando si entra in una stanza buia, senza luce, senza comunicazioni, il panico sale inevitabilmente e, quello che in realtà è solo un armadio, diventa un gigante. Quello che sta accadendo in questi giorni, oramai da un mese a questa parte, è esattamente la stessa cosa. Il Corona-virus è qualcosa che suscita paura, non solo per i dati che abbiamo su di esso, ma anche grazie alle continue trasmissioni televisive e agli articoli, che escono ogni mezz’ora. Le giuste misure adottate dal governo non fatto che aumentare questa paura, poiché c’è la consapevolezza di una pandemia mondiale, cosa che non si vedeva da molto tempo. Tranne casi, isolati, che di sicuro non raggiungevano la gravità attuale. Negli ultimi anni, abbiamo raggiunto livelli di chiusura sociale inimmaginabili. Con questo virus la cosa non farà che peggiorare. Se fino ad un mese fa il problema erano gli immigrati che “ci rubavano il lavoro”, molti di noi non si farebbero pregare due volte a barattare qualsiasi immigrazione con questo virus, anche se contrari alla stessa. Tutta la questione è possibile verificarla sotto un punto di vista sociologico. Il governo è forse impaurito dagli scarsi mezzi sanitari che ha per contenere il contagio, ecco forse il perché della chiusura di molti spazi pubblici, come le scuole. Ma il vero impatto è ora sulla gente, sugli italiani. A breve, in pochi mesi o addirittura giorni, come abbiamo già visto, avremo un radicale cambiamento nelle persone, che si rafforzerà sempre di più. La paura del vicino di casa, del barista, della cassiera, del parente, o perché no, se si è nonni anche del nipote. Insomma qualsiasi possibile persona con cui noi potremmo entrare in contatto. In Europa gli italiani hanno avuto lo stesso trattamento dei cinesi o degli africani che prima sbarcavano sulle nostre coste, cosa che presumo non accadrà per ora da quei paesi - ironia della sorte. Certo le nostre idee contro gli altri paesi non sono state tanto buone negli ultimi tempi e, anche se non credo nel karma, o non fino in fondo, probabilmente doveva capitare. La nostra sicurezza non è più in una regione, una città o un quartiere, ma solo nella nostra casa, la nostra camera, il nostro letto, posti in cui sappiamo di essere al sicuro. Con industrie e luoghi pubblici completamente inaccessibili, con il solo contatto social, questo farà di certo bene al pianeta, per il diminuire dello smog, alla consapevolezza di una sanità pubblica migliore e più efficiente. Ma noi che reazioni avremo dopo tutta questa distruzione psicologica? In che modo ricostruiremo il nostro futuro? Capiremo finalmente il valore dei rapporti umani, di una carezza, di uno sguardo, oppure non faremo altro che chiuderci definitivamente, mettendo a nudo la nostra oramai non-umanità?


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