domenica 16 febbraio 2020

Natalia Ciullo - La Dormiente


Sei stesa di schiena, con il volto tuffato in un morbido groviglio arruffato appena sopra la tua spalla sinistra. Volgi lo sguardo a me che ti osservo, ma non vuoi posarti su di me, no. I tuoi occhi sono rivolti altrove, lontani, distanti dalla realtà, tanto che mi preoccuperei se non ti sapessi nelle braccia del tuo amato Morfeo. Dormi con gli occhi socchiusi, come a volerti destare a momenti da un sonno incerto, instabile, tumultuoso e nascondi il tuo corpo sotto le lenzuola, la tua protezione di neve. E quelle candide pieghe ti delineano le forme, accarezzano i piccoli piedi e salgono lungo le gambe sinuose, che forse accavalli nell’agitazione della notte, e, quasi centellinando di baci il morbido ventre, arrivano a sfiorare le tenere vette del petto e le braccia rannicchiate accanto al busto.
Tutt’intorno il mondo pare riscuotersi dal torpore del buio sotto un cielo che si sveste lentamente del nero, lava via la notte con un timido spruzzo di rugiada e sceglie quali colori sfoggiare al nuovo giorno che bussa alla porta. Prova tutte le sfumature esistenti quel frivolo cielo dubbioso, ma alla fine semplicemente indossa quelle che più gli vanno a genio al momento, prima che la successiva ora dell’alba gli imponga una nuova tinta che brama più vivacità della precedente. E proprio quando arrossisce all’arrivo del sole, i miei occhi faticano a osservarti come prima. La luce si scaglia alle tue spalle e ti getta in un’ombra bluastra. Non scorgo più i tuoi occhi, la cima del naso, i due impercettibili solchi che troneggiano le labbra, che anche non vedo, ma che ricordo bene carnose e precise, rosse di vino. Tra gli squillanti uccellini e il borbottare pacato del vento si nota soltanto la tua imponente sagoma di regina, di dea marmorea, scolpita nella roccia di alte montagne, a strapiombo sui boschi silenziosi ma brulicanti di vita, sui sentieri nascosti fra le dita delle tue mani, fra i capelli della tua chioma. Passerà ancora del tempo da questo tuo risveglio e il cinguettare dei pulcini in attesa della loro mamma sarà ancora il dolce sottofondo della mattinata di molte altre persone al di fuori di me nella città infreddolita che si accende ai tuoi piedi e desidera toccarti, accalcandosi in case, strade, vicoli, piazze, ma che nel momento in cui più si avvicina perde fiducia e, come all’amante tremano le gambe a vedere l’amata, così quella si sfolla, si fa rada e ti lascia in compagnia solo di piccoli paesi dalle mura di pietra. Tu non ti offendi e non ti sdegni ma li accogli, madre senza memoria che ama anche i torti dei figli. E così continui a fingere di dormire, socchiudendo ancora gli occhi che però ora son vigili, attenti alla vita che si sprigiona sotto di te.
Tornerai alle tranquille carezze del tuo amante solo dopo esserti cullata a sufficienza nella ninna nanna della tua bella città, quando le auto quindi si saranno stancate per questo giorno di mangiare l’asfalto, quando i bambini avranno abbandonato finalmente il pallone e qualcuno sotto le stelle avrà cominciato a fare l’amore, quando l’ultimo barista dell’ultimo bar avrà abbassato la saracinesca e le luci al neon si saranno spente anche nei vicoli più nascosti. Rimboccherai a quel punto le coperte a tutti e la notte calerà anche sui tuoi occhi stanchi per altre poche ore di sogno. Io resto sveglia ancora un po’ e ti spio. Cerco in te tracce della donna che sei stata, della vita che ti sei fatta scorrere addosso, che ti ha visto bimba, ragazza, donna bella e forte, forse mamma. Cerco tra il bianco sporco dei tuoi capelli sul cuscino qualche segno dell’oro d’un tempo. Ti immagino strega che abbraccia il noce con una danza delirante o dea trasformata in roccia per l’ira di una moglie tradita, rea forse di una colpa che, come molte donne, non ha nemmeno commesso. Oppure ti vedo eroina d’amore e di arco, vincitrice di uomini e belve che, vicina alla morte che porta all’oblio, ha preferito stendersi dolcemente accanto ai focolari delle case cittadine e lì diventare dormiente per l’eternità. 




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