venerdì 1 maggio 2020

Natalia Ciullo - Un 1° maggio singolare


Quanta voglia c'è nell'aria di festeggiare questo primo maggio così singolare?
Il primo maggio, festa dei lavoratori, è probabilmente una delle ricorrenze più sottovalutate che compaiono in rosso sul calendario e forse anche quella meno consumistica di tutte. Per la maggior parte della nostra società che non ha nemmeno idea del perché esista una festa del genere e per gli studenti che se ne interessano solo quando non cade di domenica è un peccato che non ci sia a fare da promemoria per esempio l'equivalente delle mimose. Sì, quelle mimose usate come centrotavola in quei bei ristoranti dove comitive di signore di mezz'età trasgrediscono per una sera le regole della brava donna tutta casa e chiesa! O magari potrebbe esserci qualcosa che duri più di un giorno, come i panettoni e le lucine colorate da tirar fuori in onore della nascita di un bambino in cui per il resto dell'anno, eccezion fatta per Pasqua e Pasquetta, si dice di non credere affatto. In assenza di un qualsiasi oggetto da commercializzare per ricordare al fiume impetuoso di lavoratori che è il loro giorno, la loro festa, quale modo migliore di celebrare il primo maggio se non con del meritato riposo? Tutti i lavoratori, o almeno quelli che non devono salvare vite o tenere aperto un centro commerciale, si fermano per un po' e si godono il simbolico giorno di relax che spetta loro per il lavoro di un anno intero. Ma se tu fossi già a riposo forzato da più di due mesi, come converrebbe festeggiare? O meglio, ci sarebbe ancora qualcosa da festeggiare? Dal momento che non ci sarebbero bar o ristoranti aperti o parchi accessibili dove poter trascorrere questo giorno e considerando che gran parte dei lavoratori non osa perfino avere l'umore a terra temendo di dover pagare anche quello con soldi che non sta guadagnando, la risposta più ragionevole è che questa volta, evento raro quanto un anno bisestile così catastrofico, tocca riflettere sul serio e non condividere semplicemente su Instagram una breve e suggestiva riflessione filosofica sull'importanza del lavoro.
Quando, nel giorno che celebra i lavoratori, le persone sentono il peso angosciante di una fine che sembra non arrivare mai, di un limbo statico in cui si è impotenti e inermi, si rivendica il lavoro, secondo un'accezione troppe volte dimenticata, prima di tutto come dignità. Lo è per una donna che vuole dimostrare di poter essere non solo mogli e madre,come forse le è stato insegnato sin da piccola!
La parte idilliaca della dignità lavorativa infatti finisce quasi sempre nel momento in cui ad esempio, per tenerti il posto, sei costretta a dimenticare di avere diritto alla maternità, sia se il pancione tu l'abbia già sia se nutra soltanto il desiderio di averlo. È il lavoro che fai inoltre che la società prende in considerazione quando decide con quanta rispettabilità tu debba essere trattato e dunque quanta dignità ti spetti. La favola del “tutti i lavori sono importanti e meritano rispetto” è verosimile se hai sei anni e stai scrivendo nel tema “che vuoi fare da grande” di voler diventare panettiere! Ma quando cresci e ti ritrovi costretto almeno una volta a nascondere a figli di medici, politici, magistrati che i tuoi genitori sono operai in fabbrica, scopri improvvisamente di dover avere ambizioni più alte, visto che in pochi crederebbero che sei un panettiere per scelta e non perché non sei in grado di fare di meglio.
E dopotutto come biasimare qualcuno che, a prescindere da quanto si guadagni, perché non è mai solo una questione di soldi, ambisce ad un lavoro stimato, e magari anche tutelato a dovere, piuttosto che ad un mestiere come , ad esempio, il bracciante agricolo ? Forse molti, se potessero, lascerebbero volentieri alle macchine il compito di svolgere un lavoro così duro e spesso poco remunerato.
Quando c'è di mezzo il denaro, e con quello il successo, le passioni personali spesso non sono un fattore degno di considerazione nel mondo del lavoro. Eppure ciò che realmente determina il valore di un lavoratore, molto più delle sue competenze, non è proprio la passione con cui fa il suo mestiere? Basti pensare che davvero tante persone hanno ottenuto una laurea in lettere e una cattedra al liceo, ma quanti studenti hanno capito realmente chi è e cosa rappresenta Dante nella nostra letteratura e cultura? Colpa di un docente che ha studiato quel che bastava per strappare un voto accettabile all'esame e da quel momento in poi ne sa parlare solo leggendo la spiegazione del libro di testo di turno? Come si sarebbe potuto prevedere, la scuola, che ricopre il difficile ruolo di palestra per la vita da adulti e di trampolino di lancio per il mondo del lavoro, ti abitua e fortifica concretamente solo sotto due aspetti tipicamente “adulti e lavorativi”, che poi sarebbero gli unici che ti restano una volta superati gli anni ruggenti del liceo e dell'inizio dell'università, prima insomma che il tuo fegato sia troppo deteriorato per poterti concedere un ultima sbronza con gli amici: lo stress psicofisico che non ti abbandona neanche a Natale e il complesso sistema di favoritismi e corruzioni varie con cui ognuno di noi ha a che fare prima o poi, chi per imparare a difendersene e chi per capire come trarne beneficio, a seconda di quanto stabile sia la propria integrità morale. Generalmente è quella a determinare nell'uomo la distruzione o la nascita, l'involuzione o il progresso, l'obbedienza o la ribellione, poiché di fatto è l'unica forza che, a prescindere da sentimentalismi e romanticismi, condiziona le nostre scelte e le nostre azioni.
È grazie all'integrità morale di decine e decine di lavoratori che rivendicavano a gran voce la dignità insita nel concetto di lavoro se abbiamo una festa dei lavoratori durante e in virtù della quale, oggi più che mai, possiamo mettere temporaneamente da parte un comprensibile scetticismo consolidato e batterci per un nuovo cambiamento, dal momento che la concretezza per vedere il mondo del lavoro per quello che è, una giungla di prede e predatori, è disponibile h24 tutti gli altri 364 giorni dell'anno.


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